1990 gennaio 28 Il potere e il dovere
1990 gennaio 28 – IL POTERE E IL DOVERE
Già da qualche anno l’Italia non è più a livelli agropastorali, in Europa: una novantina di quotidiani
vende più di 7 milioni di copie al giorno, in media una ogni 8 abitante e mezzo. I quaranta
maggiori settimanali raggiungono i 13 milioni di copie vendute. Fino a poco tempo fa leggere un
libro era un’impresa memorabile per l’italiano medio ma, per la prima volta nella storia patria, dal
1984 almeno un libro finì in mano a più della metà degli italiani: esattamente il 56%, e da allora
la percentuale è andata crescendo.
Il mondo della comunicazione dell’informazione e ha due formidabili alleati, come sostiene Giorgio
Bocca: domanda di democrazia e la rivoluzione tecnologica; che anzi, s’intrecciano con la libertà di
stampa proprio perchè natura tendono ad abbattere barriere, torri d’avorio, sistemi prima
impermeabili alla circolazione delle idee Se poi guardiamo in particolare al settore televisivo, un
attentissimo studioso quale Carlo Sartori ha posto in evidenza che accanto al record degli Stati Uni
esiste un clamoroso caso mondiale ed è quello italiano senza contare la Rai le grandi reti nazionali
priva (Canale 5 eccetera), in Italia funzionano circa 500 stazioni indipendenti, cioè il 30% del
totale delle stazioni dell’intero pianeta! “Stati Uniti e Italia – precisa Sartori nel suo ultimo libro “La
grande sorella” rappresentano – da soli due terzi delle stazioni televisive esistenti al mondo”
Bastano questi pochi dati su quotidiani, settimanali, libri e televisione a misurare la penetrazione
del mass media nella nostra società. L’informazione non è uno strumento di democrazia è la
democrazia. E quando Gorbaciov ha voluto sferrare i primi colpi al monopolio del potere comunista
non ha potuto che cominciare per quanto parzialmente e timidamente dalla trasparenza, cioè dalla
glasnost delle prime notizie credibili dai tempi della Rivoluzione d’ottobre.
Se l’informazione è il sistema nervoso centrale della democrazia, in un Paese industrializzato
diventa importantissima anche la distribuzione della pubblicità. Perché?, si chiederà più che
legittimamente il cittadino. Perché il bilancio economico di un giornale autonomo non può che
dipendere da due sole voci: i lettori e gli inserzionisti; i primi acquistando il giornale in edicola, i
secondi acquistando gli spazi pubblicitari sul giornale Cinquanta e cinquanta è il rapporto ideale
tra le due entrate. Quindi, gli spazi di libertà della stampa si possono comprimere d’informazioni
concentrando in pochissime mani quote troppo alte di mesi d’informazione sia monopolizzando il
mercato della pubblicità.
L’Italia è il primo Paese al mondo per frequenza di spot pubblicitari televisivi, tanto da risultare
anche qui un caso assolutamente anomalo: la Tv rastrella la metà dell’intero investimento
pubblicitario nel mass media, tre volte rispetto a Francia e Germania persino di più degli Stati
Uniti. Il che significa due cose: mettere a dura prova i bilanci dei giornali, cioè attaccare
trasversalmente il pluralismo e la libertà. Con i bilanci in rosso, non si può infatti che ricorrere al
potere o politico o bancario o partitico-finanziario con tanti saluti all’autonomia dei giornalisti.
Questi sono i problemi veri, vitali, gravi per un’informazione progressista, che voglia diventare più
credibile, meno settaria, più responsabile, meno disinvolta nei confronti dei cittadini.
Un’informazione che si liberi dal cancro tutto italiano di voler instaurare a sua volta un potere tra i
poteri per manovrare politica, finanza, istituzioni. Logge di carta ma sempre logge meno occulte
ma altrettanto spregiudicate, perché prigioniere della identica libidine del potere e degli affari.
Con un grande costituzionalista americano, noi abbiamo sempre pensato che la stampa debba
servire i governati non i governanti. Ma per far questo la stampa non deve governare: la libertà
dei giornalisti è importante quanto la libertà dei cittadini dai giornalisti da Palazzo.
Giorgio Lago