1990 ottobre 14 Ha una sola arma

1990 ottobre 14 – Ha una sola arma
Accade ciò che il filosofo Massimo Cacciari aveva temuto fin dallo scorso inverno: Occhetto si è
«impantanato». Estenuato dalla mediazione tra nuovo e vecchio, tra svolta e radici, tra apparato e
rifondazione, resta tuttora prigioniero della sua «Cosa». Bisogna «uccidere subito il padre», cioè
l’ideologia, la tentazione conservatrice, la burocratica diversità, gli avevano suggerito da Venezia – sia
pure con toni diversi – lo stesso Cacciari, Umberto Curi e Gianni Pellicani. Di fronte al parricidio,
Occhetto ha esitato: aveva la vocazione, non la forza. Partito con lo slancio del riformista pronto a
tutto, Occhetto paga oggi l’incubo della scissione, la fine davvero storica del mito dell’«unità». Per non
spaccare il partito, lo ha diviso; e oggi i post-comunisti del neonato Pds convivono con i neo-comunisti
del vecchio Pci in un luogo politicamente indeterminato dal quale i primi intendono avanzare e i
secondi retrocedere. Se avverte i suoi del rischio di ritrovarsi alle prossime elezioni «non già senza il
vecchio nome ma senza il partito», Occhetto non usa un paradosso. Semplicemente fa il notaio. Quando
il segretario del Pci decise che non si poteva non cambiare, tanto il «si» che il «no» e il «ni» furono
unanimi su un solo ragionamento: nome e simbolo erano importanti, non la cosa più importante. La
forza emblematica dei segni e delle parole non doveva in sostanza scambiare la forma per i contenuti; e
questi ultimi avevano l’assoluta precedenza. Assistiamo invece, dentro e nei dintorni del Pci, a una saga
sui sinonimi e
termini «comunista», «socialista», «socialdemocratico»,
«democratico», «sinistra», sembrano in ostaggio dei retori, impegnati in una disputa accademica
piuttosto che in uno scontro per chiarire all’opinione pubblica la direzione del cambiamento. Quasi che
l’Italia fosse un Paese dove i partiti, in particolare quelli di massa, vivono una stagione felice, di
credibilità e di contenuto forte, così da permettere lussi socratici. Incredibilmente, Occhetto ha una sola
grande arma, che non ha ancora giocato: inventare l’opposizione, finalmente concreta, di proposta. Non
esiste una democrazia decente senza un’opposizione. E senza la dialettica tra forze tutte potenzialmente
destinate a governare. In una normale democrazia, dire questo, equivale alla scoperta dell’acqua calda;
non in Italia, dove tutto muta perché tutto resti uguale e dove la stessa opposizione non è mai stata
opposizione di governo, forza legittimata all’alternativa. Con lo scheletro del leninismo nell’armadio, i
comunisti o si consociavano sottobanco nell’esercizio del potere o brandivano la protesta contro il
sistema. Soltanto oggi possono fondarsi da vera opposizione: così come la si intende in democrazia. Se
Occhetto occuperà questo spazio, da sempre vuoto, il suo albero darà frutto. Tutto il resto è decadenza.
14 ottobre 1990

i contrari, dove

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