1991 ottobre 16 Finalmente
1991 ottobre 16 – Finalmente
Era ora. Le Regioni smettono di piangere e imboccano finalmente la strada della protesta. Disertando
l’incontro sulla riforma dello Stato, le Regioni mettono in atto uno sciopero istituzionale. In un Paese
dove la cultura romano-ministeriale non intende cedere nemmeno un palmo di potere né alle Regioni
né alla Cee, anche l’istanza costituzionale di autonomia si vede costretta a imboccare la strada dello
scontro. Il regionalismo sta facendo in Italia passi indietro proprio quando tutto il mondo occidentale
accelera il decentramento. Il presidente del Friuli-Venezia Giulia, Biasutti, definisce «tragica» la
situazione di un settore primario come la sanità; da parte sua il presidente della Giunta del Veneto,
Cremonese, si chiede: «Ma a Roma si rendono conto che una Regione come la Lombardia vale in
Europa quanto l’Austria e che la Lombardia assieme al Veneto vale l’Olanda?». Biasutti e Cremonese
sono democristiani e si rivolgono a un Governo a guida democristiana, che a parole potenzia le Regioni
ma nelle leggi le svuota di iniziative. Paradosso tipicamente italiano che esemplifica alla perfezione lo
scollamento istituzionale, con un Parlamento dove non esiste più una vera opposizione e dove la
maggioranza si paralizza da sé. Se si prende ad esempio il settore indicato da Biasutti, la frustrazione
delle Regioni, e di quelle del Nordest in particolare, tocca livelli esasperanti. L’assessore del Veneto,
Covolo, denuncia l’inadempienza del Governo rispetto a tutti gli impegni scritti e verbali: lo Stato non
ha certificato il fabbisogno sanitario; ha scaricato sulle Regioni i suoi conti in rosso; aumentando i
ticket finirà con il dilatare la domanda di ospedalizzazione, quindi a gonfiare la spesa non a tagliarla. E
Covolo è un socialista, appartiene al partito che assieme alla Dc può fare e disfare. Di legislatura in
legislatura, le riforme passano la mano. Nessuno lo ammette ufficialmente, tantomeno l’idilliaco
Andreotti, ma nessuno si illude sulla riforma della sanità, delle pensioni, del regionalismo: sono già
date per morte. Se ne parlerà l’anno prossimo, visto che per ora si sentono già tutti in campagna
elettorale. A questo punto è sperabile che le Regioni, Nordest in testa, non mollino la presa. Con questo
Stato non ci si può più accordare; gli va imposta una prova di forza dal basso.
16 ottobre 1991