1991 settembre 6 Cossiga: “Perché sono pessimista”

Testata: GAZZETTINO
Edizione: PG
Pagina: 1
Data: 06/09/1991
Autore: Giorgio Lago
Tipo: INTERVISTE
Argomento: GAZZETTINO IL – QUOTIDIANO
Persone: COSSIGA FRANCESCO – POLITICO, LAGO GIORGIO – GIORNALISTA
Didascalia:
Descrizione:
Titolo: COSSIGA. “PERCHE’ SONO PESSIMISTA”. Lotta alla mafia. Il Capo dello Stato
risponde con un impegno alla lettera aperta indirizzatagli dal nostro giornale
di Giorgio Lago

«Caro Cossiga…». Domenica scorsa, in prima pagina, il nostro giornale aveva indirizzato al Capo dello
Stato una lettera aperta, invitandolo a utilizzare tutti i suoi poteri e gli ultimi dieci mesi del suo
mandato presidenziale per favorire la lotta alla criminalità organizzata e alla cultura della «mafiosità».
«Ho ricevuto la lettera e posso assicurare che mi impegnerò al massimo per incentivare la lotta alla
criminalità, anche se credo che i nodi burocratici tradizionali continueranno a paralizzare l’azione dello
Stato». Con una telefonata da Pian Cansiglio, Francesco Cossiga ci ha riposto così, esprimendo in
ugual misura il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà. Signor Presidente, da dove e da
chi la paralisi? «Vede, non credo che l’attuale classe politica riuscirà in questo momento a rompere i
meccanismi frenanti, tra i quali annovero anche certi nodi corporativi della Magistratura». Perché Lei
li giudica corporativi? «Noi siamo ad esempio l’unico Paese in Europa, anzi l’unico al mondo, che non
contempla la figura di un Pubblico ministero specializzato. Oggi persino nei Paesi dell’Est la
separazione tra magistratura giudicante e magistratura inquirente viene considerata una riforma
essenziale a fondamento della democrazia. Da noi resta un tabù, con il magistrato che un giorno fa il
giudice e l’altro il pubblico ministero». Lei ha parlato di nodi burocratici tradizionali. «Contro la
criminalità organizzata è fondamentale coordinare le forze in campo. Ma non credo nemmeno che
questo Governo e questo Parlamento riusciranno a coordinare par la prima volta carabinieri, polizia e
guardia di finanza, tradizionali e potenti lobbies. In questo momento, mentre si esaurisce la legislatura,
sono tutti esattori di voti. Non hanno altra preoccupazione». La mafia non è soltanto una guerra. «La
lotta alla mafia è anche un grande problema culturale. Cosa vuole, io sono stato a Palermo, a Reggio
Calabria… è una sfida grave che esigerebbe da tutti il meglio. Comunque, sia certo che per quanto mi
compete farò battaglia, interverrò, anche se il Parlamento in questi sette mesi avesse come sua unica
cura le prossime elezioni e gli interessi delle confraternite». Dopo una tempesta di propositi, di
riforme istituzionali non si parla quasi più. «Tutto tace perché domina incontrastato da anni il blocco

della conservazione rappresentato da gran parte della Dc e del Pci. Vede, io in politica non ho un cursus
honorum, non sono mai stato ricco, non ho mai fatto affari: ho avuto soltanto il potere che viene dalle
Istituzioni, non quello che deriva dai partiti. Tra il mio potere e quello di un vicesegretario della Dc non
c’è proporzione: ne ha molto di più lui». Forse le vecchie istituzioni contano poco e delle nuove non si
intravvede il volto? «Il fatto è che questo è diventato lo Stato dei partiti, dove il genitivo rappresenta
l’equivalente della «s» tedesco, vale a dire la proprietà, cioè lo Stato posseduto dai partiti. Guardi alle
rendite di maggioranza che la Dc ha gestito: i politologi calcolano che ammontino al 70% in termini
economici, il doppio del consenso raccolto. Senza contare la grande partecipazione del Pci,
cominciando dal Commercio con l’Estero e dai livelli medio alti delle Partecipazioni Statali». È troppo
comodo questo sistema perché pensino seriamente a riformalo. Se non sono già dimenticati; come fra
tre o quattro giorni a Palermo non parlerà più nessuno di quel povero imprenditore ammazzato». Che
fare? «Continuare a battere il chiodo, a parlare, a mettere le Istituzioni in piazza, avere speranza
contro la speranza. Io sono pessimista di natura, ma il pessimismo non mi ha impedito di agire; ecco,
bisogna continuare nonostante il pessimismo, impedire che dimentichino una cosa dietro l’altra perché
l’unica preoccupazione è quella di rastrellare voti. Se non mi cacciano via prima, io cercherò di
rispondere anche alla vostra esortazione contro la mafia e le mafie».
settembre 1991