1991 settembre 8 Nordest a rischio
1991 settembre 8 – Nordest a rischio
Il copione resta sempre lo stesso, come il relativo linguaggio. Finanziarie di copertura, società di
comodo, gare d’appalto, subappalti, progetti, piani regolatori, delibere di enti pubblici, pratiche di
funzionari, appoggio di amministratori o politici, garanzie bancarie, flussi di denaro facile. Il vero
mafioso è geniale. Conosce bene i suoi polli sfruttando al meglio l’ingenuità, l’affarismo, la corruzione
delle carriere. Quando scompare lo spirito di servizio, prevalgono l’interesse o il potere: in un consiglio
comunale come nel consiglio d’amministrazione di una banca. Una questione di metodo, non di
latitudine, e il metodo funziona a Palermo quanto a Padova o Vicenza o Udine. Con una differenza: che
a Palermo il crimine organizzato conta in soprappiù sulla mafiosità sociale; nel Nordest ancora no. Qui,
e in altre allarmatissime zone d’Italia, l’infiltrazione dell’economia sporca viene sentita come
un’aggressione che tende a stravolgere – con le regole della concorrenza – il tessuto civile della
comunità. Inutile scandalizzarsi o fare del moralismo, anche perché a certi pulpiti non crede più
nessuno. Avendo inventato la democrazia e il libero mercato, l’Europa sa perfettamente che nessuno è
più lesto delle mafie nel mettere a profitto tanto le occasioni quanto le garanzie di una società di anno
in anno più complessa nei traffici e negli intrecci. Altro che trasparenza. Soprattutto in Italia, la mafia
prolifera perché l’invisibile si fa possibile. Meglio che altrove, funzionano le «coperture»; inoltre, nella
contiguità sempre più vischiosa tra affari e gestione della cosa pubblica, si sviluppa un nuovo fatalismo
che tutto finisce per ruminare nel silenzioso ventre dei fatturati. Anche nel Nordest comincia a
preoccupare la disattenzione attorno a segnali che dimostrano inequivocabilmente la penetrazione di
tecniche e di capitali mafiosi. Lo stesso nostro giornale, nel rivelare in questi giorni le ramificazioni
ultime dell’affaire internazionale Dominion-Duménil, ha denunciato più volte sottovalutazioni, ritardi,
orrore a scavare soprattutto nei meccanismi. Nessuno di noi immagina di estirpare le mafie. Ciò che si
può e si deve fare è isolare la portata del fenomeno; impedire che diventi regola, anti-Stato, voce del
prodotto interno lordo, tentazione amministrativa se non addirittura costume. Contro un crimine da
finanziarie, l’investigazione non può che essere sofisticata. Ma nulla servirà senza la coscienza del
pericolo. Ovunque, Nordest compreso.
8 settembre 1991