1992 aprile 23 – Sarà dura ma adesso si può
1992 aprile 23 – Sarà dura ma adesso si può
E’il primo Parlamento del dopoguerra senza Partito Comunista Italiano: basterebbe da sola questa
novità a fare storia. Il patto referendario, la preferenza unica, la protesta, le Leghe, la Rete, hanno
fatto il resto. Con cinquecento neo-eletti, è un Parlamento che ha scombussolato tutti i vecchi punti
di riferimento a soli due mesi dall’elezione del nuovo Capo dello Stato.
Dal 1948 in poi, mai la Repubblica aveva conosciuto uno scossone di tale portata. Con il vizietto del
trasformismo, tutto restava sempre come prima; oggi si è innestata una reale trasformazione.
I corvi dell’immobilismo se ne stanno comodamente appollaiati a Montecitorio e a Palazzo Madama.
Hanno predicato il caos come se la politica dovesse essere riservata soltanto a chi è del mestiere. La
loro casta guarda le novità dall’alto in basso, nella convinzione che i ficcanaso usciti dalle urne del 5
aprile prima o poi faranno una brutta fine.
La partita si gioca tutta qui, sulla capacità di riprendere il duro cammino dopo i guasti della
partitocrazia. Ma attenzione: da sole le buone intenzioni non bastano; né sarà sufficiente allargare la
base di questo o quello schieramento; e tantomeno risolverà le cose una qualche posticcia
governabilità. Il Parlamento che oggi s’insedia è frutto di una spinta dal basso di eccezionale vigore
contro la cultura degli apparati, del voto di scambio, delle nicchie di potere, degli interessi privati o
di partito in atti d’ufficio pubblico.
Il 5 aprile ha ridato ossigeno a un Paese in ostaggio del Palazzo; da oggi si può anche costruire. Su,
coraggio.