1992 dicembre 18 Quelle piazze

1992 dicembre 18 – Quelle piazze

I magistrati procedono su riscontri, indizi, prove; la loro azione è obbligatoria, non facoltativa. A
Milano come a Venezia, un Mario Chiesa qualunque o un’agenda di Musile di Piave possono
funzionare da detonatore di tangentopoli. I grandi scandali politici scivolano sempre su piccole bucce
di corruzione.
Il massimo per Venezia era De Michelis-Bernini; il massimo di Milano Bettino Craxi. Non un
complotto li ha inquisiti, ma le impronte lasciate da un certo esercizio di potere. Tant’è vero che,
come abbiamo più volte sostenuto, la sentenza politica c’è già, quella penale è persino secondaria.
Come reagisce il consiglio di amministrazione della partitocrazia? Confezionando, prima di sparire
dalla scena, l’ultimo teorema: l’avviso a Craxi colpisce il cuore del sistema, dunque trasversalmente
altri segretari di partito, e perciò mette a repentaglio la vita democratica.
Non passa loro nemmeno per l’anticamera del cervello che questa “democrazia” ad uso e consumo
non sia la stessa dei cittadini. L’illegalità, non gli avvisi di garanzia, rovinano la politica. La truffa
degli appalti, non la protesta di massa, spegne la fiducia. I miliardi occulti, non la denuncia di alcuni
giornali, favoriscono reazioni anche disperate nell’opinione pubblica. C’è un golpismo, ma è quello
dei ladri in auto blu che riducono a fantasma il consenso elettorale e che svuotano di reputazione sia
il potere politico che economico.
Sarà festa grande se riusciremo a svelare una volta per tutte la degenerazione della quale da anni e
anni siamo testimoni senza prove e verbali. Anzi, è la prima volta che si mette davvero piede nel
Palazzo, con panico di piccoli e grandi sepolcri imbiancati sparpagliati in tutta Italia.
Questa è vera democrazia, non la difesa a denti stretti di poltrone cariche di potere ma vuote di autorità
e di credito. Spontaneamente, di propria iniziativa, il regime non ha mosso nemmeno un dito per
impedire la disaffezione di massa. E’ accaduto il contrario; tutto ciò che si sta muovendo in questa
fase convulsa è frutto solitario dell’opinione pubblica. Tutto.
In nessun Paese occidentale il ricambio viene vissuto come una tragedia, le dimissioni come un
trauma. La responsabilità di un clima pericoloso, di piazze che urlano una giustizia sommaria, va
addebitata a quanti si considerano al di sopra delle regole, da tempo al riparo di cento immunità e
impunità.
E’ verissimo che in esponenti del calibro di Craxi si identifica il sistema. Una ragione in più per
voltare subito pagina.
A noi interessano poco le carriere personali; ci sta a cuore la qualità dello Stato. Non ci sono uomini
da colpire, soltanto Istituzioni da rilanciare, cambiando molto ma cambiando un po’ tutti insieme.
Quel Bettino Craxi immobile al suo posto è una prova di infinita debolezza. “Noi siamo pochi, occorre
diventar numerosi” raccomandava la ascetica propaganda socialista di un secolo fa: nemmeno la
storia riesce a suggerire oggi gesti di servizio.
Peccato, l’umiltà della ragione trasforma a volte più di una rivoluzione.