1992 dicembre 23 Il giornalista non diffama
1992 dicembre 23 – Il giornalista non diffama
Durante le competizioni elettorali i giornali possono utilizzare nei confronti di uomini politici
espressioni di durezza, di disapprovazione e toni aspri, visto che nella lotta politica, specie in periodo
di elezioni, si è creata una certa desensibilizzazione del significato offensivo di alcune parole. Lo ha
sancito la Cassazione che interpreterà per la prima volta il diritto di critica in maniera ampia e prende
posizione sul contrasto tra giornalisti e politici.
La vicenda riguarda una querela per diffamazione a mezzo stampa presentata dall’on. Sbardella
contro due giornalisti dell’Espresso per un articolo apparso nell’’89. Queste le frasi incriminate:
“Sbardella e la sua banda, un Dc di razza nuova, spietato come uno che avrebbe collaudato un modo
di amministrare a metà strada tra il decisionismo e l’illegalità, che avrebbe fatto da cerniera fra
l’amministrazione e i vari gruppi immobiliar-finanziari che nel frattempo sarebbero diventati i veri
padroni di Roma”.
Il tribunale di Roma assolse per non aver commesso il fatto i due giornalisti ma la Corte d’appello
capitolina, pur assolvendo per sopraggiunta amnistia, ritenne che nell’articolo vi fossero frasi dalla
potenzialità diffamatoria. La Suprema Corte ha condiviso le tesi dei primi giudici annullando senza
rinvio la sentenza di secondo grado.
E’ una sentenza importante, soprattutto nel momento in cui tutti i pretesti sono buoni per vanificare
la funzione di controllo sulla cosa pubblica da parte della stampa più in prima linea.
La Cassazione non dà il via libera alla violenza del linguaggio, anche perché il sistema è già
abbastanza incattivito. La Suprema Corte sembra sottolineare un aspetto più alto; è vietato ai politici
mettersi formalmente al riparo delle parole quasi che la reputazione pubblica fosse misurabile
attraverso i convenevoli da salotto.
Il diritto non è un fossile; prevedere margini di discrezionalità come tributo alla società civile che si
evolve. Nel nome della chiarezza, la critica si fa più dura ed esigente.
La democrazia deve aver paura soltanto del silenzio e dei cortigiani. E cresce dallo scontro sincero,
scomodo, anche intransigente.