1992 dicembre 24 Ma si può ancora dirlo?
1992 dicembre 24 – Ma si può ancora dirlo?
Ma si può dire Buon Natale oggi? Sembra una follia o, come ammoniva David Maria Turoldo, lo
“scandalo della speranza”.
Una sfida contro ogni apparenza. Semmai un presagio. Un desiderio povero di indizi; nulla più.
La guerra e la fame sono servite in tavola, all’ora dei Tg. La recessione tocca il bilancio familiare. La
Banca d’Italia ci avverte che ogni italiano, poppanti compresi, si porta dietro un debito di 28 milioni;
che sale a 75 se escludiamo i disoccupati, pensionati e casalinghe.
Noi siamo lo Stato in uno Stato a mezzo servizio. Dove la politica ha perso negli ultimi anni tutti i
treni del nuovo.
Adesso lo chiamano nuovismo, per dire che sarebbe uno dei tanti “ismi” partoriti dalla moda. Giocano
con le parole avendo dimenticato la polpa delle cose.
In realtà, gran parte del ceto politico non è più né nuovo né vecchio. Rischiamo di essere già tutti in
ritardo, compresi i riformatori. Corriamo il pericolo di imbalsamare persino il nuovo, tanti sono i
freni, gli interessi, le viltà, le complicità che offriva il regime del tanto per cento.
Tuttavia, Buon Natale è ancora possibile, in un senso mai così letterale, che prenota le cose, le fa
nascere. Addirittura in Somalia o in Bosnia, perché l’orrore, il sangue e la carestia per la prima volta
stanno lentamente modificando la cultura dello sviluppo e della potenza.
Fino all’altro ieri, intere generazioni di ragazzi sono cresciute nel mondo spaccato in blocchi, appeso
al filo dell’olocausto nucleare. Forse, abbiam bevuto troppo latte atomico per essere pronti a conflitti
che affondano nel passato remoto. L’Onu nasce soltanto oggi; dopo mezzo secolo di finzioni, tenta i
primi maldestri passi di un governo mondiale.
Si può, si può più che mai, anche a casa nostra. Ci vorrebbe molto più coraggio nel mettersi in piazza.
Proprio andare in piazza, una nuova grande socializzazione della politica, troppo sequestrata dalla
televisione e dai giornali.
Riscoprire il centro della comunità, l’agorà dei greci. Per metter in moto istituzioni più efficienti,
meno appaltiste, più rappresentative, non basta più espugnare il quartier generale della partitocrazia.
Bisogna lavorare sodo, insieme.
Un patto per il Paese; poi ciascuno prenda partito.