1992 dicembre 30 Mafia e politica
1992 dicembre 30 – Mafia e politica
Nell’intervista concessa in Kenya al nostro giornale, il missionario comboniano Alex Zanotelli,
trentino, ha nuovamente accusato i partiti italiani (Psi, Dc e Pci) di aver intascato tangenti del 10%
sulle armi vendute all’estero per migliaia di miliardi. A suo tempo lo minacciarono di querele, ma
non è mai successo nulla. Come avrebbe potuto?
Anzi, qualche magistrato sta finalmente indagando, sulle armi e sui finanziamenti per la cooperazione
al Terzo Mondo, dalla Somalia al Bangladesh, dall’Albania all’Etiopia. Un altro capitolo al quale lo
Stato si affaccia con il volto dell’agenzia d’affari: una corsa famelica al denaro da spartire sottobanco,
offrendo mille coperture.
Bene. Quando pretendiamo che i partiti ritornino alle loro funzioni democratiche o quando ci battiamo
perchè lo Stato non si identifichi con il malaffare di partiti e imprese di nessuno scrupolo, arriva
invariabilmente la solita accusa: si punta alla liquidazione dei partiti; si vuole destabilizzare lo Stato.
C’è chi (vedi Ferdinando Adornato su Repubblica) ha già fatto magistralmente notare che nessuno ha
mai proposto l’abrogazione dei partiti. Nessuno, aggiungiamo noi, da Rifondazione Comunista al
Movimento Sociale o alla Lega Nord.
In realtà, il sistema reputa un crimine la voglia di nuovi o rinnovati soggetti politici soltanto perché
sa benissimo che la loro affermazione spazzerebbe via l’insostenibile vecchiume di “questi” partiti e
di “questo” Stato. Rendiamoci conto che oggi all’Italia non basta nemmeno un buon Governo: serve
qualcosa di più penetrante, in profondità. Nella stessa cultura dello Stato.
In questi giorni, il ministro dell’Interno e il Consiglio superiore della Magistratura hanno disposto
una lunga serie di nomine, particolarmente delicate nell’attuale fase della vita italiana. Il primo ha
promosso 27 questori e movimentato molti altri dirigenti; il secondo ha scelto i 20 magistrati destinati
alla Superprocura anti-mafia.
Nulla in comune, beninteso, se non un vizio: il persistere di criteri non strettamente professionali.
L’interferenza oramai cronica della politica anche nella scelta di funzionari in prima linea; la
selezione di magistrati di primaria responsabilità in un clima dove la nobiltà dell’autogoverno degrada
nelle correnti del Csm. Tutto ciò proprio nel momento in cui il Paese chiede il meglio a ciascuno di
noi.
Questo Stato non lo Stato va combattuto; questo politicume va liquidato, non i partiti. E smettiamola
di bleffare, quando il sistema di potere è quello di Reggio Calabria…