1992 dicembre 31 Un anno per gente seria
1992 dicembre 31 – Un anno per gente seria
Il 1993? “Un anno medioevale”, teme l’attore Carlo verdone, oscuro di preludi. Un “mistero che
m’inghiotte”, definiva il tempo Padre Turoldo.
Da quanto tempo aspettavamo questo primo gennaio del 1993! Quanti convegni, quante tavole
rotonde, quante pagine speciali, quante attese. Europa, Europa, Europa, via di corsa dal Muro di
Berlino alla nuova grande patria degli europei…
Invece, la storia ha preso fiato. E noi aspettiamo un primo gennaio molto italiano e poco europeo.
Il che non fa poi male, almeno quanto si crede. Perché, siamo sinceri, questa Italia non è pronta.
Anche gli altri Paesi europei hanno i loro guai, però il nostro ne ha fatto il pieno. Ci serve un intervallo.
Nemmeno tanto lungo, perché la protesta ha messo con le spalle al muro l’immobilismo del sistema.
La partitocrazia non avrebbe degnato l’opinione pubblica nemmeno di uno sguardo, non fosse stato
per la spinta popolare, per Cossiga, per il voto alla Lega, per il morso di Alcuni giornali, per il lavoro
di nicchie di magistratura.
Un 1992 tragico e portentoso. L’anno di Falcone, Borsellino, Di Pietro. Giudici della stessa pasta
anche se così diversi. Investigatori accaniti, minuziosi. Un “archivio” della lotta alla mafia, Falcone;
l’ex-poliziotto con la passione del computer, Di Pietro. Fanatici del “riscontro”, pienamente
consapevoli che chi corrompe lo Stato sa coltivare a lungo gli agguati.
Ha scritto Falcone: “Si muore generalmente perchè si è soli”. Soltanto dalla lapide sua e di Borsellino
lo Stato ha imparato qualcosa.
Ha scritto Roberto Mongini, l’avvocato civilista, ex presidente della Dc milanese, finito a San Vittore
per l’inchiesta Mani Pulite: “Di Pietro è un giudice che non auguro a nessuno di trovarsi davanti,
anche se, quando l’imputato decide di passare dalla resistenza alla collaborazione, concede subito
l’onore delle armi e diventa, addirittura, umano e simpatico”.
Persino Mario Chiesa gli ha calorosamente stretto la mano dopo la condanna con restituzione di sei
miliardi sull’unghia. Così dev’essere, se la giustizia, la politica e l’informazione vogliono rispettare
lo Stato di diritto.
Nulla di personale. Né cortigiani prima né Torquemada dopo; né Tangentopoli di regime né
Norimberga dei partiti. Soltanto l’intransigenza sulle pulizie di fondo, a vantaggio di chi crede in
questo Paese. Nonostante tutto, nonostante vizi e sacche vecchi come l’Italia.
Quel liberal precursore che fu Piero Gobetti già negli anni venti: “In Italia il problema della burocrazia
non è più solubile dal momento che per fare gli italiani abbiamo dovuto farli impiegati, e abbiamo
abolito il brigantaggio soltanto trasportandolo a Roma”. Testuale.
Mentre il mondo seppellisce quindicimila missili strategici, l’Italia ha per la prima volta nella sua
storia l’occasione di ammodernare Stato e politca senza guerre, marce su Roma o ictus di democrazia.
Ha detto qualcuno: “Ci è lecito fare di più di quanto possiamo fare”. Una bella impresa. Durissima,
da gente seria.