1992 febbraio 11 Quel ponte del 1948
1992 febbraio 11 – Quel ponte del 1948
Chissà se i giornali e la televisione riescono a trasmettere all’opinione pubblica, giorno dopo giorno,
l’esatta portata di quanto sta accadendo nell’ex Urss. Quando tutto diventa storico, si rischia
l’assuefazione anche ai prodigi.
I commenti servono poco se i fatti parlano da soli. Venerdì scorso, dalle parti dei monti Urali, è stato
chiuso l’ultimo Gulag, con gli ultimi dieci prigionieri politici dell’Impero comunista. La sigla Gulag
stava per Amministrazione Statale dei Campi di Lavoro; l’invenzione risale a Lenin, ma fu Stalin a
sublimarla in “Arcipelago” con più di dieci milioni di detenuti e un livello di persecuzione che
Aleksandr Solgenitsin ha consegnato per sempre alla letteratura e alla memoria dell’uomo.
Da Gorbaciov a Eltsin, un paese immenso divora forsennatamente il passato, senza risparmiare nulla.
Dopo aver annunciato giovedì scorso a Parigi di essere pronto a ridurre le testate nucleari da 12mila
a 2500, Boris Eltsin ha pronunciato una frase straordinaria, anche se pochissimo sottolineata: “Sì, –
ha detto il presidente russo – io penso che noi abbiamo diritto di contare sul sostegno della comunità
internazionale”.
“Diritto” è una parola grossa, soprattutto in politica e ancor più nei rapporti fra Stati. Ma Eltsin ha
ragione; questo diritto i russi e i popoli dell’ex Urss se lo stanno conquistando a prezzi umani e sociali
che soltanto ora l’Occidente sembra valutare senza orgoglio capitalista.
La Storia ci scappa via tra le mani; qualche volta bisogna saperla fermare, per comprendere
collegando. L’hanno battezzata “Operazione speranza” ed è scattata ieri da Francoforte con un ponte
aereo destinato a trasportare nelle città dell’ex Urss cinque milioni di tonnellate di viveri e medicinali,
dal pesce alle arance per i bambini di Cernobyl, dalle siringhe per gli ospedali alle lasagne. Così, è
impossibile non ricordare un altro ponte aereo, quando i sovietici isolarono dal mondo i due milioni
e mezzo di abitanti della Berlino occidentale nell’agosto del 1948.
Ci vollero 220 mila missioni in 462 giorni, con i velivoli a sfiorarsi su quattro piani di volo in un
angusto corridoio aereo, per riscaldare il carbone e sfamare una città assediata. 1948-1992: non
sembriamo vivere nemmeno nello stesso secolo. Attraverso due ponti aerei, carichi di speranza,
l’Europa reinventa il proprio destino.