1992 febbraio 23 È uno Stato che dimentica di crescere
1992 febbraio 23 – E’ uno Stato che dimentica di crescere
La scuola si ferma. Lo sciopero ci richiama bruscamente alla concretezza dei problemi proprio nel
momento in cui la corsa al voto mette a nudo oceani di inconcludenti parole.
Da quasi due anni il contratto di lavoro è scaduto. Nessun passo avanti è stato fatto per introdurre un
minimo di meritocrazia: che un insegnante lavori sodo e bene o che faccia il lavativo, per il Ministero
della Pubblica Istruzione non fa differenza. Quanto agli stipendi, è giusto si sappia che un professore
di liceo guadagna due milioni al mese dopo vent’anni di carriera.
Mai come in questi ultimi anni si è tanto parlato di “valori”. Tutti vogliono uscire dalla crisi politica
e culturale aggiornando i riferimenti. In ciò, laici e cattolici non si distinguono: sentono che, al di là
delle differenziazioni, un comune impegno va perseguito nel crogiolo delle nuove generazioni.
La scuola è la palestra naturale per un obiettivo di questo tipo, ma lo Stato se ne dimentica.
Incredibilmente, lo Stato risulta oggi inadempiente soprattutto nei riguardi delle domande essenziali
del cittadino: il sapere, la salute, la giustizia.
Sì, si avvertono i segni del disagio dell’economia mentre cresce l’incertezza sulla ripresa degli
investimenti e sulla tenuta europea del nostro Paese. Ma, a guardare in profondità, non sembra questa
la maggiore preoccupazione degli italiani, forse perché la reazione produttiva resta in fondo affidata
al lavoro, alle grandi energie, alla proverbiale capacità di superare le congiunture più sfavorevoli. Ciò
che li sgomenta e li deprime è proprio la macchina dello Stato, quasi si trattasse di una variabile
indipendente, sempre in ritardo nella società.
Lo stop della scuola insegnerà almeno a riflettere sullo sviluppo che vogliamo?