1992 gennaio 19 W Samarcanda
1992 gennaio 19 – W Samarcanda
Siamo alle solite. Se la prendono con la trasmissione televisiva Samarcanda, accusando il conduttore
di ogni nefandezza e del peggiore settarismo.
Una premessa. Samarcanda ha registrato 5 milioni di spettatori su Rai3 mentre su Rai1, Creme
Caramel ha battuto tuti i record con oltre 6 milioni. Quest’ultimo dato a noi fa più impressione del
primo: elezioni o non elezioni, risultano più devianti certe sbandate di Samarcanda o il qualunquismo
da avanspettacolo di Creme Caramel?
Samarcanda non ha avuto bisogno di aizzare lo scontro per la semplice ragione che la violenza
tracimava spontaneamente dai politici. Magari cose dette e ridette sulle prime pagine dei giornali, ma
caricate di un’acida petulanza. L’affanno dell’apparire gioca bruttissimi scherzi anche a esponenti di
vecchio pelo: diventano incontinenti, si lasciano andare, cadono vittime della sindrome da comizio,
confessano a loro insaputa una dose di livore tipicamente televisiva.
Samarcanda è la mera lavatrice di una passione politica che quasi mai rispetta le regole del fair play
e che di per sé fotografa senza pietà lo sfascio. Il caso-La Malfa è in questo senso esemplare.
Segretario del partito più governativo dal dopoguerra a pochi mesi fa; politico di formazione
anglosassone, Giorgio La Malfa ha dalla sua poltrona offerto questa versione della futura
governabilità: in Italia non si salva più nulla; con la Dc non ci si può accordare; gli ex comunisti non
sono ancora maturi; al direttore del giornale di Craxi non vale nemmeno la pena di replicare; la sola
speranza si scorge in alcune forze cattoliche e in alcuni democristiani come segni, vaticinando peraltro
che segni non potrà che abbandonare prima o poi la Dc. Così il laico La Malfa.
Altro che faziosità di Samarcanda! I cinque milioni di spettatori hanno capito che, in un momento in
cui viene chiesto ai cittadini di farsi carico della tenuta del Paese, l’intolleranza e la propaganda pre-
elettorali sovrastano qualsiasi altra considerazione. Di tono, di stile, di contenuto, anche nelle forze
tradizionalmente più costruttive.
Alla faccia dei programmi e degli appelli alla ragione, troppi partiti inseguono le Leghe sul loro stesso
terreno, addirittura sullo stesso linguaggio. Quando Bossi diventa un modello, resta pochissimo da
sperare.
Sarà perciò sempre più decisivo rompere l’omertà di partito, come propone Mario Segni riuscendo
per ora nel miracolo di non vanificare quei 27 milioni di “sì” espressi lo scorso giugno non tanto alla
preferenza unica quanto al cambiamento e alle riforme, dunque al patto tra coloro che hanno a cuore
le sorti della nostra democrazia e che sono disposti a farlo diventare il primo comandamento. Una
bomba a orologeria sotto la sedia degli apparati, l’ha chiamata Eugenio Scalfari.
E’ la riflessione che conduciamo da tempo, oggi sulla scelta dei candidati da parte dgli elettori come
domani dei ministri da parte del Presidente del Consiglio. Un richiamo agli uomini prima che ai
simboli; una fedeltà dei parlamentari alla Nazione prima che al partito. Non è Samarcanda che mette
in pericolo la Costituzione…