1992 gennaio 29 L’urlo di Pannella
1992 gennaio 29 – L’urlo di Pannella
Nessuno di noi si era mai illuso nemmeno per un istante. Il massacro di Piazza Tienanmen a Pechino
sarebbe stato archiviato molto in fretta, con buona pace degli studenti cinesi e dei diritti umani.
L’ossigeno delle dittature è la violenza. Di fronte ad essa, l’oblio permette alle democrazie di guardare
oltre. Gli Stati hanno altro a cui pensare; niente si può fermare, né gli affari, né la diplomazia né
tantomeno la storia.
Il primo ministro Li Peng, ora in visita in Italia, firmò quel 20 maggio del 1989 la legge marziale; poi
ordinò l’invio dei carri armati che diedero la caccia a migliaia di ragazzi disarmati. Non era più duro
di altri; soltanto un uomo di regime come tanti altri, chiamato a un gesto burocratico di sangue.
Lo sentiva come dovere.
L’Italia ha fatto bene a riceverlo. I ricordi non aiutano a vivere e gli Stati, meno memoria hanno, più
ci guadagnano in contratti, commesse, quote di export e di import. Quando poi c’è di mezzo il
petrolio, anche il siriano Assad diventa per l’Occidente candido come una colomba. E del resto il
nuovo ordine mondiale fondato sull’Onu non ha mai pensato di processare Pol Pot, il genocida della
Cambogia.
Ma noi siamo molto grati a Marco Pannella che si è piazzato davanti all’ingresso principale di
Montecitorio costringendo il questore della Camera a far entrare il premier Li Peng dalla porta di
servizio. Almeno uno che, nel nome della non-violenza, abbia sollevato un urlo di pietà in mezzo a
tanto frusciare di ineluttabili dollari.