1992 gennaio 6 Preferire gli uomini ai simboli

1992 gennaio 6 – Preferire gli uomini ai simboli

“Il compito del politico consiste nel garantire la comunità, per la quale vale ancora la definizione
ciceroniana di res publica”. Lo scrive Francesco Gentile, ordinario di Filosofia del Diritto a Padova,
in un breve e denso saggio di qualche anno fa sul potere. Facendo anche notare che, nella concezione
aristotelica, la politica si realizza non in una certa forma di governo ma nella struttura “architettonica”
di ogni governo, chiamato ad orientare la comunità. Garantire? Orientare? Non sono le funzioni oggi
più latitanti? Se Cicerone e Aristotele abitassero con noi, sarebbero certamente accusati di sfascismo.
O, meglio, di tendenze autoritarie.
La politica è andata in crisi secondo questa sequenza:
1) logorio di Istituzioni senza ricambio né alternativa anche per la presenza del più forte partito
comunista d’occidente;
2) economia in sfida con l’Europa ma penalizzata dall’apparato pubblico che, per usare il giudizio
del presidente della Zanussi, Rossignolo, ha protetto la crescente inefficienza dalla concorrenza
internazionale;
3) crollo del comunismo con rottura degli equilibri che per decenni avevano pasticciato in Italia il
ruolo di maggioranza e opposizione;
4) pressione del confronto Europeo;
5) mancanza di riforme;
6) disaffezione prima, rancore di massa poi;
7) sfascio, panico tra i partiti, protesta dal vertice (Quirinale) alla base (Leghe).
Per quanto unilaterale e limitata, l’unica riforma elettorale l’ha introdotta un referendum, con il “si”
dello scorso 9 giugno. La resistenza al cambiamento ha così favorito il qualunquismo, la nascita di
un anti-ceto politico, di una alternativa senza progetto, di un partito del rifiuto. Tutte premesse di un
voto allo sbando; per punire, non per scegliere.
Che resiste alla tentazione del “tanto peggio tanto meglio”, intravvede in questo momento una sola
via di fuga; preferire gli uomini ai simboli, affidarsi ai candidati per minimizzare i partiti che pure li
candidano; chiamare per nome i programmi e controfirmarli visto che la parola vale zero. Ci contano
in tanti, cattolici, verdi, i laici dell’appello agli “onesti”, i Segni e i tanti Gottardo con lui, Bobbio,
Montanelli, ancora ieri Scalfari.
Con un’avvertenza, a scanso di delusioni. Capitale morale d’Italia, Milano ha, ad esempio,18 partiti
in consiglio comunale e svariate correnti, dai post-comunisti ai repubblicani, alle Leghe. Al massimo
della frammentazione, chi come noi privilegia il voto alla persona deve tuttavia sapere che si tratta di
un rimedio, non della soluzione. Dietro non pochi riformisti dell’ultima ora si celano l’arcinota
libidine di potere, il carrierismo politico, un ulteriore polverizzazione del consenso.
Distinguere non sarà facile. Soltanto le riforme, a cominciare da quella elettorale, incideranno
veramente sull’architettura del potere e dei governi. Perciò non bisogna mollare nemmeno un minuto.
In politica, la tenacia vince.