1992 giugno 1 Il nuovo abita già tra noi
1992 giugno 1 – Il nuovo abita già tra noi
Osserva Massimo Cacciari lucidamente: “Non è che questo sistema sia fallito; negli anni ’50 e ’60 ha
funzionato. Solo che oggi si è esaurito, non regge più”. Anche per questa ragione, aggiungiamo noi,
diventa deleterio ogni tipo di omertà. Peggio se omertà con l’affarismo del potere e del denaro, quella
denunciata l’altro ieri dal procuratore della Repubblica a Vicenza, Gianfranco Candiani.
Sbaglia chi crede che i politici siano incapaci di onesta analisi. Prendiamo due parlamentari del
Nordest, il democristiano di Vicenza Zoso e la socialista di Udine Breda. “Altro che al Sud – parole
dell’onorevole Breda poco prima delle elezioni – anche in Friuli c’è gente che compera letteralmente
il voto. E l’omertà non riguarda soltanto la Sicilia”. Più con amarezza che con sdegno, faceva notare
recentemente il senatore Zoso: “Il dramma è che chi non accetta le regole del sistema viene catalogato
tra quelli che “non contano”. E si sa benissimo che cosa voglia dire per un politico non contare nulla”.
Omertà è sapere e lasciare che accada. Quando un potere è forte, l’omertà rappresenta una reazione
o molto umana o molto cinica; nel primo caso per prudenza, nel secondo per cointeressenza. Ma oggi
il sistema degli ultimi vent’anni sta saltando per aria. Oltre che riprovevole, l’omertà non serve più.
Prima si vedevano in difficoltà gli ingenui, oggi i furbastri, e dunque sarebbe molto utile cogliere
l’attimo. Fuggente o duraturo chi può mai dirlo in politica?
Si sa di carriere, anche istituzionali, costruite sulla sola benemerenza di aver fatto per anni il cassiere
del tal partito. A Milano come a Venezia. Si sa che a volte basta fare l’assessore ai lavori pubblici di
un medio comune della ricca provincia veneta per cambiare di colpo tenore di vita. Ed esibirlo senza
alcuna riserva, secondo lo stile di un Pandolfo, l’ex presidente della Serenissima, l’autostrada tutta
d’oro.
Omertà è assuefazione, arrendersi a una storia infinita; pagare lo scotto di non aver in mano le prove
o, spesso, rinunciare al coraggio di offrirle a un giudice perché verifichi, accerti. In attesa di nuove
regole di trasparenza pubblica, anche un giornale sganciato come il nostro dai giochi di potere si
permette di insistere: il Nordest, la Baviera d’Italia, ha la storica occasione di favorire con ogni mezzo
il mutamento nel nome dei valori. Che sono il lavoro, la responsabilità, la tenacia, il senso dello Stato,
il bisogno di identità; questo è il vero modello veneto; qui si radica il meglio della tradizione dal
Veneto al Friuli.
Nella riforma dello Stato come nella rifondazione del nostro Paese, nessuno può dirsi periferico.
Tantomeno il Nordest. E se quel patrimoni di valori è stato spazzato via dalla furia della modernità,
ritorna in forze il tempo del ricupero. Forse, il nuovo già abita tra noi.