1992 giugno 15 Scalfaro settimana decisiva
1992 giugno 15 – Scalfaro settimana decisiva
I grandi apparati non ne sapevano nulla; la gente era a conoscenza di tutto. In questo, Dc, Pds e Psi
sono identici.
Gli italiani hanno sempre saputo che il Pci prendeva i soldi da Mosca, anche attraverso società cui
veniva affidato il monopolio degli scambi con l’Urss; che, in compenso, il Pci poteva al massimo
permettersi di definire “un errore” l’invasione della Cecoslovacchia; che la scuola o l’addestramento
a Mosca mantenevano nell’ambiguità certi quadri di un partito tentato ora dall’anima rivoluzionaria
ora da quella consociativa, ora dal movimentismo ora dall’omologazione del sistema.
Era noto, arcinoto. I documenti di oggi svelano l’acqua calda; conferme, non rivelazioni. Eppure il
Pds cade dal mondo delle nuvole: Ha conservato sul simbolo della quercia il vecchio bollino di
fabbrica, non la memoria. Né storica né tantomeno finanziaria.
Ogni giorno la Dc fa da parte sua i conti penali. Ministri indagati, parlamentari inquisiti, esponenti
sotto torchio assieme a portaborse di altri ministri, ex ministri, amministratori in odore di manette per
sequele di tangenti, per finanziamenti occulti o appropriazioni personali.
E i vertici del partito? Nessuno sospettava nulla né poteva immaginare; naturalmente, si nutre una
gran fiducia nella magistratura e non si manca di precisare che altro sono coloro che hanno sbagliato
altro il sistema tuttora sanissimo.
Il record lo batte il Psi di Craxi. Governando a Milano dall’immediato dopoguerra ad oggi, aveva
l’occasione d’oro di accorgersi per tempo che nel nome del pragmatismo, dell’efficienza, della
modernità e del rampantismo proprio i socialisti stavano passando come un defogliante sulla cosa
pubblica, facendo rimpiangere addirittura quei Dc che pur ritengono di avere lo Stato in usufrutto.
Ma nemmeno il Psi ne ha mai saputo nulla, tant’è vero che Craxi vuol fare a tutti i costi il Presidente
del Consiglio: se lui stesso, il figlio e il cognato garantiscono la trasparenza, vuol dire che si tratta di
un’”aggressione politica” e che il giudice Di Pietro dovrà alla fine risarcire i danni.
Questi sono gli apparati alla guida dei partiti: così sono gestiti oggi. Il Capo dello Stato dovrebbe a
questo punto stare molto alla larga dalle segreterie; guardare agli uomini che in quei partiti possono
almeno favorire il ricambio, da Segni a Martelli, da Martinazzoli a Amato, o alle figure di garanzia
come Spadolini, Ciampi, Napolitano. Tanto, se le vecchie segreterie non cambieranno pelle da sole,
ce la rimetteranno perché saranno presto espropriate. Tempo al tempo.