1992 giugno 21 Il sindaco di Verona scrive a Di Pietro
1992 giugno 21 – Il sindaco di Verona scrive a Di Pietro
Giovedì scorso sul primo quotidiano di Roma “Il Messaggero”, era apparsa un’ampia intervista al
presidente del Veneto, Franco Cremonese. Alla lettura del titolone (“Il sistema delle tangenti esiste”),
la nostra reazione era stata estremamente positiva.
Eh, finalmente avevamo pensato. E’ importante che chi occupa rilevanti posti istituzionali e che la
magistratura non ha inquisito, si rifiuti di difendere quel sistema indifendibile, un costume
politicamente da estirpare a prescindere dagli sviluppi penali.
Poche ore dopo, una precisazione inviata dallo stesso Cremonese al “Messaggero” di Roma, ha
cancellato la prima, bella impressione. Dato il taglio dell’intervista, scrive il presidente del Veneto,
sembra “che io avvalli il sistema delle tangenti, che abbia un atteggiamento di superficiale impotenza
nei confronti del fenomeno e quel che è peggio che io ammetta tranquillamente che non solo il mio
partito ma addirittura la “corrente dorotea” sia stata foraggiata da questo sistema. Questo non è vero
e non corrisponde per nulla al mio pensiero”.
Un vero peccato. Noi sappiamo che la questione morale è diventata drammatica, come ha insistito lo
stesso Scalfaro, proprio perché si ha a che fare non con un pugno di ladri ma con un sistema che
favorisce il malaffare, la collusione tra politica e gestione, gli avventurieri dell’appalto pubblico,
quella legislazione oggettivamente concussiva che lascia le mani libere ai signori delle mazzette.
Sappiamo anche che questo sistema rovina tutto: sia la concorrenza tra imprese sia la corsa tra
candidati al voto politico. Quando a Padova l’elezione di un cosiddetto volto nuovo per il
rinnovamento costa più di due miliardi, è chiaro che il problema dei finanziamenti – palesi e/o occulti
– diventa centrale per la democrazia.
Curioso. Mentre Cremonese negava qualsivoglia “foraggiamento” al suo partito e in particolare alla
corrente dorotea, il commissario inviato da Roma a Milano per bonificare la Dc, Guido Bodrato,
confessava con sincerità pari all’amarezza: “Ho trovato una situazione molto più grave di quanto
prevedessi. Qui comanda chi ha usato gli affari per conquistare il potere. La politica è successo e
molti degli inquisiti erano uomini di successo; i moralizzatori non stavano con loro, venivano
emarginati”.
Il sistema è purtroppo questo. Per liberarcene, nessuno sta facendo di ogni erba un fascio, tantomeno
i Di Pietro e i Salvarani. Ma nessuno tenti di banalizzare; tanto, chi mai gli crederebbe?