1992 giugno 24 Bisaglia e la Dc veneta

1992 giugno 24 Bisaglia e la Dc veneta

Antonio Bisaglia morì una domenica di otto anni fa. Era il Dc più potente del Nordest.
Potente nell’interpretazione dello stesso Bisaglia, secondo il quale per un leader veneto era decisivo
contare non tanto in regione quanto a Roma. Al suo apparato confessava: “Serve poco avere il potere
qui quando quasi tute le decisioni che ci riguardano vengono prese al centro”.
Nessuno lo ha più uguagliato come organizzatore del consenso. Una macchina efficiente, capillare,
meticolosa. Bisaglia era un timido; vinceva la timidezza soltanto nell’esercizio del potere. Aveva
lavorato sodo, con accanimento, sudandosi le cose come sempre accade alla gente del Polesine. Non
avendogli la vita mai regalato niente, provava un gusto tutto particolare nel dominarla attraverso la
politica.
Quel condensato di potere democristiano, doroteo del Veneto bianco che era Bisaglia, non è che fosse
sprovvisto di idee. Credeva nel rapporto con i socialisti, contro un sistema allo stesso tempo bloccato
dai comunisti e consociato ad esso.
Alle prime avvisaglie leghiste, aveva dimostrato una qualità che oggi manca quasi totalmente ai suoi
eredi di partito: l’analisi, il tentativo di capire perché. Pochi mesi prima di morire, aveva fatto esplicito
riferimento a una Dc che si stava logorando, in affanno di proposte, che doveva abituarsi all’idea di
passare anche all’opposizione.
Altro suo tema fisso, le infrastrutture. Intuiva che il Veneto era corso troppo veloce con l’economia
o, meglio, che la rete dei servizi accusava un pauroso ritardo. A quei tempi si parlava un po’ meno
d’Europa e più di Baviera o di Alpe Adria. Per Bisaglia, era necessario un grande balzo nelle
infrastrutture, senza le quali il Veneto e l’intero Nordest avrebbero sprecato l’eccezionale crescita.
Alla sua scomparsa, la Dc veneta ha cercato un altro Bisaglia, ma non l’ha trovato. Né Bernini, né
altri. Non a caso il più vistoso successo del dopo Bisaglia, l’ha ottenuto nel Nordest…Giulio
Andreotti, con oltre mezzo milione di voti alle elezioni europee.
Oggi è rimasto il bisaglismo, che di Bisaglia era una parte rilevante non la migliore e la sola. Il
bisaglismo quale potere, posti di potere, occupazione partitica, sottogoverno, esasperazione delle
correnti, emergere di tutta una generazione di portaborse, capetti, proconsoli. Vale a dire la
nomenklatura che ha poi gestito le infrastrutture del Veneto; la casta che Bisaglia aveva mandato
avanti per spiazzare il notabilato locale della vecchia, provinciale Balena bianca.
Nello smarrimento che oggi aggredisce la Dc, si segnala un paradosso senza risposta: ai democristiani
del Veneto manca molto quel leader, ma proprio l’eredità del bisaglismo ha contribuito a mandarli in
crisi. Troppo potere, troppa cura del potere, troppa occupazione della società: che oggi non è più
nemmeno parente di quella del 1984.