1992 giugno 8 Pericolosamente onesto

1992 giugno 8 – Pericolosamente onesto

Commemorando Falcone venerdì a Milano, il giudice Giuseppe Ayala ha detto testualmente: “Sotto
la bandiera del garantismo si raccolsero molti personaggi, alcuni in buonafede, altri un po’ meno. Ora,
sul cadavere di Falcone si sono avventati sciacalli e iene che Giovanni conosceva e che anch’io
conosco. Sono gli stessi che nel 1989 dissero che l’attentato alla casa di Falcone era stato organizzato
da quella che doveva essere la vittima. Sono quelli che attaccarono il pool di magistrati antimafia di
Palermo indicandolo come centro di potere, quelli che si schierarono contro l’utilizzazione dei
pentiti”.
Parole come pietre, al palazzo di giustizia. Che strano. Tutti affermano di voler spezzare le reni alla
mafia, ma poi lasciano mezzo abbandonati uomini come il generale dei carabinieri Dalla Chiesa o
mettono in discussione magistrati come Falcone, che tutto il mondo ci invidiava.
I mezzi, gli organici, la burocrazia, il nuovo codice, il Palazzo: tutto lavora contro i giudici. E qualcosa
di ulteriormente malato dev’esserci anche nel sistema giudiziario se un magistrato può incontrare
sulla strada altri giudici prima degli stessi nemici della legge; se i danni inferti negli anni dalla
politicizzazione e dal corporativismo perpetuano i veleni.
Mai come oggi l’Italia ha al contrario bisogno di una magistratura efficiente, di giudici subordinati
soltanto alle norme e alla coscienza. Non che sia auspicabile una democrazia dei giudici, per
supplenza della politica. Tuttavia, il rinnovamento della nostra democrazia passa anche attraverso la
trasparenza perseguita, caso per caso, da magistrati come Di Pietro.
Ha osservato Guido Bodrato, una delle poche teste pensanti di questa Dc: “Ci sarà una ragione se gli
italiani tifano per Di Pietro”. C’è, eccome. Avendo smesso di credere quasi in tutto, gli italiani hanno
fame di riconoscersi finalmente in qualcuno; diffidando pressoché di tutti, hanno bisogno di sperare
in qualcosa. A Di Pietro scrivono tutti i giorni montagne di lettere perché lo sentono “pericolosamente
onesto”, come quello sconosciuto sostituto procuratore di Agrigento, Rosario Livantino, massacrato
nel 1990 dalla mafia, a trentotto anni.
Di Pietro ha riconosciuto che l’appoggio dell’opinione pubblica gli dà “serenità” nel durissimo lavoro
di riscontro delle tangenti. Dobbiamo garantire a tutti i costi altrettanta serenità a quanti, in
magistratura o nell’imprenditoria, sono disposti a puntare senza doppi giochi sulla seconda grande
ricostruzione d’Italia.