1992 novembre 1 Perché tutto accade soltanto ora?
1992 novembre 1 – Perché tutto accade soltanto ora?
Eravamo al salone triveneto del libro di Pordenone per parlare de “I bugiardi” di Gianpaolo Pansa,
da pochi giorni in libreria. Quali bugiardi? Il bugiardismo di partiti che mentono su sè stessi; di
personaggi mediocri che si reputano giganti; di telegiornali pubblici e privati ancora caricature del
potere; di giornali che, pur di dimostrare una tesi preconfezionata, arrivata a correggere a mano una
vecchia lettera di Palmiro Togliatti.
Il bugiardismo, persino istituzionale, di chi osteggiò, calunniò, sottopose a un’autentica via crucis
uomini come Falcone e Borsellino. Beninteso, osservando commossi minuti di silenzio dopo aver
preso atto che proprio quei due giudici rappresentavano la minaccia più forte alla mafia.
Il bugiardismo ha preso qualche mazzata, ma tiene ancora botta. Venerdì sera in tv, durante
l’”Istruttoria” di Ferrara, è stato chiesto a Mingini – che gestiva la Dc milanese – se gli organi centrali
fossero al corrente che il partito si autofinanziava attraverso le tangenti. Risposta: “A Roma sapevano,
approvavano, partecipavano. Ero un ladro di partito”.
Ma il bugiardismo non molla. Incassa, guarda dall’altra parte, anzi si candida al “cambiamento”! Se
poi un giudice sbaglia una mossa, il bugiardismo celebra la sua rivincita di giornata gridando al
complotto. Chi ha esautorato le Istituzioni, se ne fa paladino per confondere le acque. Soltanto la
lucidità ci può mettere al riparo dai bugiardi e dalle parole truccate, sbattute in vetrina per coprire il
retrobottega. Ad esempio, non è detto che la Commissione Bicamerale per le riforme istituzionali,
sulla carta il luogo ideale per i progressisti, stia lavorando in coerenza con l’atto di nascita. Mario
Segni è convinto addirittura del contrario: “La regia di De Mita –ha protestato l’altro ieri – vuole
salvare l’attuale sistema”.
A Pordenone, discutendo di bugiardi di regime, ci è stata rivolta una domanda sempre più insistente:
ma perché tutto emerge soltanto adesso?
Quesito più che pertinente, per niente ozioso, che aspirerebbe a far luce su ogni aspetto della vecchia
“democrazia bloccata”, senza opzioni e alternative perché specchiata nella paura del comunismo e
deformata dal compromesso con i comunisti. Ma oggi questa domanda non serve più; peggio, ci
paralizza, attutisce l’istinto di reazione, aiuta i conservatori.
Il 5 aprile è già lontano e non ci si deve più fermare. Il rigore dei cattolici, la passione dei socialisti,
quel pizzico di utopia della sinistra, la razionalità dei laici, la furia pragmatica dei leghisti, una destra
senza miti: qui si gioca la ricostruzione. Non è più tempo di domande.