1992 novembre 26 Per Bernini, Santuz, Galuppo si proceda
1992 novembre 26 – Per Bernini, Santuz, Galuppo si proceda
Un altro passo avanti sulla strada dell’accertamento della verità. Ma quanta fatica!
Basta leggere il resoconto del nostro inviato a Roma. Sullo sfondo di questioni anche delicate, emerge
l’ennesima fotografia di un sistema che cerca ogni appiglio, ogni stratagemma legale, ogni
equilibrismo politico, pur di evitare il giudizio nonostante siano in vigore i codici più garantisti della
storia del nostro Paese e, forse, d’Europa. Così ogni passo diventa una linea del Piave.
Se la legge è davvero uguale per tutti, Carlo Bernini aveva a disposizione un’occasione senza
precedenti. Avrebbe potuto convocare una conferenza stampa, come si conviene ad un ex ministro
della Repubblica, e consegnare all’opinione pubblica un ragionamento molto semplice.
Questo: “Avrei la possibilità di oppormi; dispongo di argomenti giuridici non campati per aria; sono
in grado di sostenere che i giudici veneziani hanno adottato nei miei confronti procedure quanto meno
opinabili. I miei ottimi avvocati hanno preparato un dossier difensivo che rendo pubblico senza usarlo
in Parlamento; dunque di puro valore simbolico, irrilevante dal punto di vista pratico. Ciò per evitare
ogni atto che, per quanto formalmente legittimo, possa suonare come volontà di sottrarmi
all’interrogatorio dei magistrati e all’eventuale processo penale. Poiché tutti sanno che non si può
autonomamente rinunciare all’immunità parlamentare, la Giunta per le autorizzazioni a procedere
decida senza la minima obiezione da parte mia. E’ infatti mio interesse poter dimostrare l’innocenza
in ogni sede, senza resistenze né causidiche né di schieramento parlamentare”.
Un discorso mancato. Se lo avesse pronunciato, Bernini avrebbe compiuto già da tempo un gesto
nobile. Ma anche intelligente, astuto, politico, l’unico in grado di mitigare l’indignazione verso una
casta di intoccabili, giorno per giorno alla questua in Parlamento di voti palesi o segreti nel tentativo
di sfuggire, non diciamo a una condanna soltanto ipotetica, ma persino alla chiamata di responsabilità
e di chiarezza sotto gli occhi dei cittadini, degli elettori, e, nel caso di Bernini, dei tanti democristiani
semmai traditi dalla libidine di potere di troppi boss, grandi e piccoli.
Ora, per Bernini come per Gianni De Michelis, sarà la volta del voto in aula. Una trafila interminabile,
ancora esposta ai colpi di coda di una partitocrazia in bunker. E poi hanno il coraggio di dichiararsi
perseguitati, facendo rigirare nella tomba i veri perseguitati politici, quelli che pagarono con la vita e
con innumerevoli sofferenze il puntiglio di credere in una democrazia sempre imperfetta ma senza
ideali.