1992 ottobre 21 Voglia di verità
1992 ottobre 21 – Voglia di verità
Senza starnazzare, con prudenza di studioso, l’ex presidente della Corte Costituzionale Livio Paladin
ha definito un “eccesso di imprudenza” la decisione dei magistrati di sequestrare un bel po’ di
documenti negli uffici di tre politici napoletani, un ministro liberale, un deputato socialista e uno
democristiano.
Che sia un “eccesso” o una “imprudenza” si può in ipotesi discutere, ma noi vogliamo aderire alla
tesi più garantista, più parlamentarista, più costituzionalista, più ligia alla tutela dell’immunità.
Facciamo nostra la tesi di Paladin, uomo al di sopra di ogni sospetto.
Bene. Ammettiamo dunque che un giudice abbia ecceduto nel tentativo di scovare le tracce del
cosiddetto voto di scambio, cioè del voto contro favori, del consenso fondato sulle clientele, della vita
democratica manipolata a colpi di sottogoverno, in definitiva della rappresentanza parlamentare
inquinata da porta a porta della peggior partitocrazia.
Diamo pure per scontato che quel magistrato napoletano abbia attribuito alla norma sull’immunità
l’interpretazione più restrittiva, andando oltre il rispetto totale delle regole nell’accertamento della
verità.
E allora? Non è forse molto, ma molto sospetta l’isteria con la quale ha reagito il Palazzo? Non è
patetica l’indignazione di quanti, dentro fino al collo di un sistema strutturalmente illegale, si scopre
di colpo tutore della legalità repubblicana?
Non è scandaloso che in un momento di ricostruzione come questo, il ceto politico auspichi a parole
il ricupero della perduta dignità e boicotti nei fatti la fine dei meccanismi che hanno così
profondamente vulnerato la fiducia nelle istituzioni?
Marco Pannella fa benissimo a rivendicare il rispetto della legge, sempre e comunque, a cominciare
dai giudici. Ma Pannella ne ha titolo: parli per sé in coerenza con la sua militanza di garantismo a
trecentosessanta gradi, che di volta in volta non ha risparmiato nessuno.
Non pretenda Pannella di rappresentare “questo ceto politico”, in buona parte impegnato a sfruttare
tutte le situazioni e tutte le voci – anche le più refrattarie alla partitocrazia – per bloccare le riforme,
i giudici, i movimenti, l’informazione più esplicita.
Ai Paladin e ai Pannella è concessa ogni obiezione al potere dei giudici, perché la gente conosce la
loro storia istituzionale o politica. Alle frotte di parlamentari da ieri scandalizzati no, e per la stessa
ragione: perché la gente li conosce fin troppo bene.
Oggi De Lorenzo, come ieri De Michelis, denuncia il sequestro di documenti. Anche lui, come i suoi
colleghi parlamentari di Napoli, avrebbe fatto molto più in fretta e meglio a protestare con il giudice
recapitandogli addirittura i documenti non richiesti e facendo ispezionare dai carabinieri anche gli
scantinati!
Lui ministro tra i più attivi avrebbe così reso palese l’eccesso di zelo del giudice, clamorosa la rinuncia
ai privilegi e, soprattutto, plateale la voglia di verità. Ma i miracoli non accadono più nemmeno a
Napoli.