1993 agosto 29 Meglio divisi che falliti
1993 agosto 29 – Meglio divisi che falliti
Ni no siamo sicuri che la diversità – che c’è, eccome! – tra Venezia e Mestre debba per forza
consigliare la separazione in due Comuni. Ma siamo arcisicuri che la cattiva amministrazione (o la
“dissennata assenza” di amministrazione come ritiene Bruno Visentini in un articolo su
“Repubblica”) abbia ingigantito la diversità fino a renderla insostenibile in uno stesso municipio.
E già difficile governare oggi un qualsiasi comune. Figuriamoci Venezia, creatura anfibia, che ha
accumulato in oltre mezzo secolo tutti i problemi della laguna (fragile) e della terraferma (industriale).
La grande illusione si è consumata. Quella di creder che la specialità dei problemi avrebbe incentivato
le risorse e, soprattutto, esaltato il ceto dirigente. Non è stato così, i soldi ci sarebbero non chi li
garantisce per il bene comune.
Il partito del non-fare ha incarnato la paura della città unica. Il partito del fare non ha mai conquistato
l’affidabilità. Paradossalmente, il non-fare è sembrato a volte il solo modo per agire in difesa di
Venezia, nessuno sapendo o, forse, sapendo fin troppo che nella cassaforte del fare si sarebbero dati
appuntamento anche gli interessi più rapinosi.
Una dopo l’altra, sono evaporate tante suggestioni. Che i guai di Venezia avrebbero trovato soluzione
internazionale o europea. Che l’Italia ne avrebbe fatto un affare di Stato, anzi la coccarda di una nuova
cultura della compatibilità tra ambiente e sviluppo.
Almeno per ora, tutto ciò rientra mestamente nei seminari di studio. Più che mai, i veneziani e i
mestrini si debbono arrangiare da soli visto che questo Stato funziona malissimo e che si è mangiato
anche i risparmi delle prossime generazioni. Il primo sondaggio commissionato dal nostro giornale
alla Swg di Trieste segnala che il 48% della popolazione punta sulla separazione dei problemi come
ultima arma per risolverli.
E’ naturale che Mestre sia più separatista di Venezia. Il separatista mestrino punta a conquistare
qualcosa che Venezia in realtà cede.
Per quanto orgogliosa, una Venezia separata sarà più sola. Mestre al contrario già si misura con le
città del Veneto, terza dopo Verona e Padova. Attraverso il Comune, Mestre ratificherà una realtà
urbana che da un pezzo esiste nei numeri; riconsegnandosi anima e corpo alla propria insularità,
Venezia chiude una lunga pagina di storia; si specializza, riparte da sé stessa a costo di perdere il
territorio.
Purtroppo, tutto accade tardi e male, in seguito a un fallimento. Qui non ci sono gioielli di famiglia
da spartire, ma un sacco di questioni irrisolte, di incomprensioni, di interessi prima da separare per
autonomia poi da coordinare per ragionevolezza.
Se stare insieme ha marcito tutto, che almeno la separazione sia ben governata, guidata da un’idea
amministrativa non da un conato di egoismo. Separare Venezia e Mestre non è come tagliare in due
una duna del Sahara.