1993 aprile 11 Tutto il bello e il difficile
1993 aprile 11 – Tutto il bello e il difficile
Gli italiani non hanno mai avuto il senso dello Stato. Oggi le cose stanno cambiando in meglio, avendo
quasi tutti scoperto che lo Stato è la cosa più concreta e quotidiana, non un’astrazione. Se funziona,
esalta la qualità del vivere; se frena, diventa il più formidabile generatore di protesta che si possa
immaginare in una democrazia moderna. Il bisogno di riorganizzare lo Stato è un valore. I valori
esistono, eccome, ma non sono pezzi da museo, polverosi e mummificati nel tempo. Evolvono con noi
sotto i nostri occhi, ben sapendo che i parti della storia sono sempre faticosi: le opere più belle degli
uomini – avvertiva lo scrittore francese André Gide – sono ostinatamente dolorose. Spirito di servizio,
solidarietà, questione morale, efficienza, riforme. Parole che siamo già stufi di pronunciare, perché
sempre più intrise di conformismo e tuttora vuote di contenuto. In politica, i valori si trasformano ben
presto in arcadia o moralismo quando non prendono rapidamente corpo nella società, nei ceti dirigenti,
in leggi. In Italia si è corrotto anche il pragmatismo, che fu l’unica filosofia elaborata negli Stati Uniti.
Per esso s’intende aderenza alla realtà invece che all’ideologia: una rivincita dell’utile sulla teoria.
Digerito all’italiana, il pragmatismo ha significato l’eclisse di ogni controllo, la fine della
responsabilità. O, meglio, lo stile del potere vincente. Ricominciamo da capo, senza panico,
ragionando. Forse non aveva tutti i torti Pier Paolo Pasolini, quando in un suo verso definiva il mondo
ragionato «spietata istituzione degli adulti». Ma non ne abbiamo altri di riserva; alla ragione siamo
condannati, soprattutto quando cerchiamo strumenti nuovi. Chi guida il cambiamento soffre oggi
l’imbarazzo dei compagni di viaggio e rischia di attardarsi nell’individuare accanto a sé opportunisti,
trasformisti, innovatori dell’ultimissimo minuto, qualunquisti del fuggi-fuggi. Tempo perso. La storia
insegna che conta soltanto sapere chi guida i processi, non chi li subisce. Con la passione, riscopriamo
in massa la politica; con la competenza, si può affrontare la sfida dell’amministrazione. Il nostro Paese
incrocia le due questioni nello stesso punto; il bello e il difficile stanno qua, non altrove. Viviamo una
fase costituente o istituzionale, di quelle che mutano la pelle a un Paese. Nessuno pensi di cavarsela
scaricandone il peso e i rischi sull’inquilino della porta accanto. Questo è un momento da castori:
piccoli gesti coordinati deviano grandi correnti.
11 aprile 1993