1993 aprile 16 Andreotti gioca tutto sulla macchinazione
1993 aprile 16 – Andreotti gioca tutto sulla macchinazione
Su Andreotti confessiamo di avere idee tutt’altro che chiare. Perché? Proprio perché, dalla mattina
alla sera, tutto sembra troppo chiaro.
Con una evidenza che, se provata, entrerebbe di diritto nelle enciclopedie della politica. Andreotti,
come Batista o Noriega, i presidenti di Panama e della Cuba pre-castrista. Battista biscazziere.
Noriega trafficante di droga, Andreotti “referente” di Cosa Nostra; insomma lo Stato che coincide
con il crimine, lo Stato con la sua negazione.
Con una peculiarità assoluta nel caso di Andreotti: il prestigio su uno sfondo di ambiguità. L’uomo
di De Gasperi, del Vaticano, dell’America. E, insieme, il mallevadore dei Sindona e dei Lima. Come
dire la doppiezza del potere, un frantoio di ombre. Belzebù per i tanti dossier, uomo pio della
quotidiana comunione con la messa, “zio” mafioso secondo i verbali dei pentiti.
Molti italiani sono a questo punto convinti che, attraverso le indagini su Andreotti, si verrà a capo dei
misteri di almeno vent’anni. Da parte nostra, anche qui nutriamo qualche timore durissimo a morire:
che alla fine si aggiunga mistero a mistero. Una patina che forse renderà tutto cinereo.
“Non troveranno mai nulla”, ha ribadito più volte Andreotti, nel rivendicare la sua totale innocenza
penale. Strano ma vero, è la stessissima cosa che hanno sempre pensato milioni di italiani di fronte
alle innumerevoli accuse degli ultimi anni.
Da sempre gli sono state attribuite virtù quasi taumaturgiche di sopravvivenza politica. Anche chi lo
riteneva il Grande Vecchio di cento nefandezze di regime, sembrava rassegnato all’idea che nessuno
sarebbe mai riuscito a incastrarlo. Perché è il più intelligente, il più furbo, il più scaltro, il solo politico
italiano capace di attraversare 40 anni di Mar Rosso del potere senza farsi mai raggiungere da un solo
schizzo di melma.
Anche questa si rivela una contraddizione non da poco. Il più inossidabile risulta il più incriminato.
Il presunto burattinaio appare sgambettare nell’aria, appeso ai fili di chi avrebbe dovuto dominare.
Una cosa è matematica. Se aveva puntato sull’eternità del potere, Andreotti ha sbagliato più di
chiunque. Dopo quello di Berlino, è caduto il muro di Giulio.
Che fosse il leader della corrente dc più “inquinata” di Sicilia (affermazione del generale Dalla
Chiesa) o il boss romano dei boss palermitani, ha incredibilmente perso valore politico.
La sua partita è oramai penale e, come ogni verità penale, non può che passare attraverso un processo.
Tutto il resto sarebbe mistero nero.