1993 aprile 19 Tocca al Nord
1993 aprile 19 – Tocca al Nord
Diciamolo prima. Prima di conoscere i risultati, prima di sapere come andrà a finire. I referendum
hanno una paternità molto precisa. Sono figli di Segni, di Pannella, di Giannini. Sono il frutto
dell’opinione pubblica, delle firme raccolte per strada, di uno straordinario dibattito popolare sui
giornali e in televisione. Un «happening permanente», lo ha definito il quotidiano francese Le Monde. I
partiti – anzi, ciò che rimane dei dinosauri del sistema – sono sempre e soltanto andati a rimorchio.
Qualcuno si è letteralmente eclissato; della Dc non si è accorto nessuno. Quanto a Occhetto, alla fine ha
dovuto strepitare il doppio a favore del Sì per far dimenticare che il Pds di Ingrao, comunista blindato
da anni ‘50, ha fatto propaganda per il No. La Dc e il Pds sopravvivono a se stessi. Alla prima non resta
che sciogliersi per approdare altrove, come insiste a dire Rosy Bindi, la sola democristiana ad avere
oggi gli attributi. Al secondo si presenta per la prima volta l’occasione progressista senza la pretesa di
tenere insieme l’impossibile, remoto e futuro. I referendum sono l’elettrochoc della partitocrazia, anche
quando finge di adottarli. I partiti sognavano la commissione Bicamerale per le riforme, il loro
parlamentino abituato a fare melina come se i tempi d’intervento fossero quelli di trent’anni fa. E tre-
quattro anni orsono, quando si chiedeva l’elezione diretta del sindaco, il Palazzo sghignazzava di gusto.
Questo è il Paese dei veti, del settarismo, delle scissioni, dei clan, delle correnti, della politica
parcellizzata. Esattamente il contrario della cultura di governo, essenza della democrazia. Se oggi
vincerà il Sì alla riforma elettorale, anche i No ne trarranno alla lunga uno storico vantaggio. Non
facciamo il gioco dei bussolotti; la nostra è un’ipotesi del tutto realistica. Perché? Ma perché le
opposizioni all’italiana sembrano lavorare per restare eternamente all’opposizione. Quando il problema
è invece di spingere all’alternanza, uscendo dai serragli di partito per fare sintesi politica dove urgono
gli interessi collettivi. Nemmeno la legge elettorale può fare i miracoli senza una generosa
mobilitazione popolare. Si guardi alle percentuali di affluenza alle urne. In questa Italia così squilibrata
tra Nord e Sud, tocca proprio al Nord resistere alla tentazione separatista e addirittura investire su
un’unità mai pienamente realizzata. Qualcuno deve pur trascinare la nostra storia, oggi che si può.
19 aprile 1993