1993 gennaio 8 Paura di noi stessi
1993 gennaio 8 – Paura di noi stessi
Noi non abbiamo alcuna competenza in materia. Ci affidiamo alle cifre, agli esperti, a chi ne sa.
Risulta così che il 50% delle superpetroliere batte bandiera panamense o liberiana, nel nome dei
paradisi fiscali, degli pseudo-controlli, della libertà economica concepita esclusivamente in termini
di massimo profitto.
Equipaggi spesso raffazzonati, rotte troppo discrezionali. La necessità di sfidare il tempo perché il
tempo è dollaro. Soltanto tra un paio d’anni, 136 governi titolari di una flotta cargo di 2900 navi
avranno messo in pratica criteri più sicuri nella costruzione. Finalmente, le cosiddette “carrette”
saranno fuorilegge.
C’è anche un disastro silenzioso, senza emozioni e senza telecamere: i lavaggi, gli sversamenti, che
rappresentano l’ordinaria amministrazione sulle rotte del petrolio. E’stato calcolato che, per queste
operazioni, 600 mila tonnellate all’anno finiscono nel solo Mediterraneo.
Il dramma delle isole Shetland infuria nelle polemiche anche per le modalità e i tempi dell’allarme,
del soccorso, dell’efficienza dell’equipaggio. Legioni di legali setacceranno i contratti dei Loyd’s di
Londra. In genere, nessuno sa bene chi e quanto si debba risarcire.
Il disastro si porta via immagini di una natura sequestrata che muore. Ma, soprattutto, svela in noi un
inesprimibile senso di colpa, come se battessimo un pò tutti bandiera panamense o liberiana.
Su questa scogliera, si inquina anche l’orgoglio di una civiltà. Progressiva, tecnologica, povera di
miti e ricca di scienza, che ancora non riesce a darsi un valore fondante, il primo motore della “crescita
sostenibile”. In equilibrio tra ambiente e uomo.
Qualcosa di malato ci mette paura. Paura di noi stessi.
E, allora, paura per la fragilità e la delicatezza, ovunque si manifestino. Anche a Venezia, dove lo
Stato ha già affidato al suo Consorzio concessionario “il progetto operativo per la sostituzione del
traffico petrolifero in laguna”, come raccomandano i memorandum ufficiali degli ultimi anni.
Lo sviluppo non è buono né cattivo. Lo diventa ineluttabilmente nelle nostre mani.