1993 giugno 12 La rovescia contro Aidid, cosa vogliamo dai soldati?

1993 giugno 12 – La rovescia contro Aidid, cosa vogliamo dai soldati?

Qualche giorno fa, un giornale radio: “i soldati italiani hanno impedito un ulteriore massacro senza
sparare un solo colpo”. La notizia si riferiva agli scontri tra bande somale e forze Onu, con decine di
morti pachistani.

“Senza sparare un solo colpo”: ci aveva colpito quella nota, quasi un distintivo, un modo di essere
militari – così italiano – in missione di pace. Nei primi anni ottanta, in Libano, eravamo stati
testimoni diretti dello stesso spirito. Nell’inferno di Beirut, i nostri soldati erano gli unici stranieri
che la gente non detestava, forse perché aiutavano tutti senza distinzioni e, nonostante il mitra,
assomigliavano alla Croce Rossa più che ad un’armata. In giro per il mondo, ci hanno preso anzi in
giro per il mammismo, per lo scarso spirito guerriero, per l’armamento di seconda mano, per il
pacifismo in pianta stabile. In più, il nostro latente disfattismo ha alimentato un’idea quasi
caricaturale del mondo militare. O, al contrario, il culto della lacrima, come ai tempi della guerra
del Golfo, con l’insuperabile Emilio Fede alla caccia di Cocciolone e Bellini.

Oggi, di colpo, scopriamo che i nostri soldati in Somalia sarebbero diventati brutali, violenti,
disumani, come dimostrerebbe un servizio esclusivo del settimanale “Epoca” nel numero in edicola.
Quali le foto del disonore? Foto che dimostrano la cattura di due delinquenti comuni, omicidi,
stupratori, cecchini contro i parà italiani.

I quali, in quell’ ambientino per collegiali che è la Somalia, hanno nientepopodimeno che legato i
prigionieri con della robusta corda, li hanno incappucciati per ragioni di sicurezza, caricandoli di
peso sul camion. Il ministero della Difesa e il comando Onu facciano tutte le inchieste che credono,
ma queste foto scandalizzano chi poi pontifica dalla mattina alla sera sulla necessità di mandare i
soldati allo sbaraglio in Bosnia o chi dimentica che a Mogadisco e dintorni si rischia ogni minuto la
pelle. Senza distinzione tra soldati volontari e professionisti.

Sulla stessa “Epoca”, l’ex ambasciatore Sergio Romano si chiede con grande razionalità che cosa
dovrà fare o non fare l’esercito di domani. Una cosa però è sicura: non si può chiedere ai soldati di
non fare i soldati.

Quelle non erano foto rubate con il teleobiettivo; erano immagini, senza censura, di gente che stava
facendo un lavoro duro in una terra violenta, dove la vita costa meno di un dollaro.

Il bello è che, se per eccesso di sicurezza qualcuno dei nostri si fa ammazzare, passa alla fine anche
per un imbecille che non ha preso sufficienti precauzioni.

Se questo è disonore, che ne facciamo dell’Italia di Tangentopoli e del dossier Andreotti?