1993 settembre 12 E i partiti? A Jurassic Park

1993 settembre 12 – E i partiti? A Jurassic Park…
Mai Ciampi aveva spiegato meglio il ciampismo. «I partiti – ha detto ieri il presidente del Consiglio –
la finanziaria l’hanno letta sui giornali. A partire da dieci giorni prima del varo della manovra, non ho
voluto ricevere nessun segretario di partito». Fine della prima Repubblica. Non perché i partiti in sé
non siano più un bene costituzionale da proteggere, ma perché questi partiti non rappresentano più
nulla. Ciampi ha preso atto della realtà. Bisogna risalire a Cossiga per trovare, a livello istituzionale, un
de profundis altrettanto lapidario. Il ciampismo, questo il bello, richiama proprio spirito e lettera della
Costituzione, che all’art. 49 spiega che partiti hanno il solo compito di «concorrere con metodo
democratico a determinare la politica nazionale». Non a invadere lo Stato e a prostituire il Parlamento.
La partitocrazia è la fine dei partiti, non la loro apoteosi. Quando, per dilatazione di potere, si fanno
regime, è lo stesso regime che provvede a strangolarli. Questo è accaduto in Italia. I segretari hanno
all’unanimità promesso che i nuovi partiti saranno più «leggeri». Meno funzionari, meno sedi, meno
soldi, meno tutto. Si illudono di aggiustare le cose moderando la grande abbuffata dell’ultimo
ventennio; dimenticano che i bilanci arriveranno dopo. Dopo un uragano di aria fresca, che ripulisca lo
stesso gene dei partiti: o tornano a fare soltanto politica o in un futuro non molto lontano li attenderà al
varco Tangentopoli 2. Ricordiamo benissimo le lettere e le telefonate di tanti nostri lettori, già alcuni
anni fa. Non sopportavano più, quelle facce; ci chiedevano di farle sloggiare dalla prima pagina per
mitigare almeno in parte la quotidiana passerella in televisione. Sempre gli stessi, segretari a vita o
quasi, ossidazione in carne ed ossa del sistema di cui erano insieme figli e padri. I partiti che oggi
Ciampi non si cura nemmeno di informare sono la maschera di quelli di cui avremo ancora bisogno per
raccogliere il consenso e per dargli ordine. La loro estinzione dimostra che lo sfascio era necessario
come il pane per sgomberare il campo. Fateci caso. Prima lo sfascismo, poi la protesta, oggi il
trasformismo: mano a mano che ci si avvicina al dunque, nuovi spauracchi piombano sulla scena.
Prendiamo il trasformismo, che oramai fa parte del menù fisso. In democrazia, è un falso problema.
Come il colesterolo, esiste il trasformismo buono e quello cattivo. Il primo dà mobilità alla democrazia,
la premia o la punisce, la cambia; il secondo rappresenta la versione politica dell’opportunismo, la più
ordinaria delle viltà dell’uomo. Molto più dei compagni di strada che all’ultimo si mettono in coda, è
importante la direzione di chi fa l’andatura. In democrazia, sarà sempre così, per realismo. II resto è
Jurassic park. Ma, a differenza dei dinosauri, i vecchi partiti non risuscitano.
12 settembre 1993