1994 luglio 19 Non serve a nessuno
1994 luglio 19 – Non serve a nessuno
Soltanto gli irresponsabili possono volere le elezioni. Non servono a nessuno, meno che meno al
Paese.
La Sinistra è tuttora scompaginata, senza progetto e senza identità. Il Centro sta peggio. La Destra ha
appena superato il Rubicone del neo- fascismo, perché mai dovrebbe rischiare un voto ravvicinato?
La Lega si è intrecciata elettoralmente con Forza Italia: separarsi ora, a muso duro, diventa rischioso,
ma lo è anche per Forza Italia che sul decreto Biondi ha bruciato molti consensi. Sarebbe una pazzia
per tutti, compreso Berlusconi.
Sbagliando tutto, la sinistra lo trattò in marzo come un golpista di stampo Haitiano. Poi insinuò
l’isolamento internazionale del governo con i “fascisti”. Quindi ci provò Bossi, mai rassegnato
all’idea che la panna montata di Forza Italia avesse raccolto a man bassa tra i moderati, borghesi,
imprenditori, giovani, ceto medio. Proprio quello che il senatùr riteneva serbatoio naturale della Lega.
Sta di fatto che Berlusconi ha sfruttato fino in fondo gli errori degli avversari e, con il G7, ha
addirittura trasformato lo scenario internazionale in un exploit personale. Ma sul terreno economico,
da lui stesso scelto in campagna elettorale come terreno di giudizio del suo pragmatismo, il Governo
non ha ancora governato. Se punterà a nuove elezioni, vorrà dire che la prova della verità, i fatti dopo
le promesse, viene rispedita al mittente. Cioè agli incolpevoli elettori!
Il fraseggio Biondi-Maroni interessa poco o nulla. Conta il decreto sulla giustizia: se Berlusconi ora
ha capito che la concussione e la corruzione sono reati gravi, che Tangentopoli non merita privilegi,
che la mafia si lecca i baffi per le modifiche al codice, che dunque bisogna subito rimediare a un
errore contro lo Stato, non ci sarà né crisi né un voto al buio in un Paese stressato. Saper perdere è
arte sopraffina in politica quando non si può vincere.
Quanto alla giustizia giusta, liberale fino all’ultima virgola, ci troverà sempre in prima linea. Ma
questa è un’altra storia: non mescoliamo le carte, per favore.