1995 agosto 6 Politici concreti sennò teniamoci i tecnici
1995 agosto 6 – Politici concreti, sennò teniamoci i tecnici
Sulla carta è sacrosanto: la normalità risiede nei governi politici, non in quelli tecnici. Ciò vale
anche nell’ipotesi fortunata che i secondi si dimostrino migliori dei primi. In democrazia, le regole
del consenso vanno rispettate sennò che democrazia sarebbe?
Il governo tecnico non vive di luce propria. Riflette l’impotenza della politica e ne attende -ne
prepara quanto forte – il ritorno. In attesa dei programmi, fa almeno i conti.
Come i suoi predecessori Amato e Ciampi, Dini pare chiamato a realizzare le poche cose che non si
possono non fare. Non è lui a scegliere, ma la forza della realtà a scegliere per lui.
Altro che panzane propagandistiche, oggi le forze politiche hanno dio fronte un campo minato da
decenni di malgoverno, che richiede il minimo del politicume e il massimo della concretezza.
Anche perché non esiste settore che non vada riformato in profondità dopo il lungo sonno
conservatore.
L’incancrenirsi dei problemi spiega l’insofferenza socio-economica, un malessere endemico.
Quando Bossi parla di “indipendenza” del Nord o Mastella di “Insurrezione” del Sud, quando
Cossutta annuncia per l’autunno “un contrasto sociale formidabile”, quando l’impresa artigiana
insorge contro le 33 scadenze fiscali in un anno, quando il lavoro dipendente documenta l’erosione
del potere d’acquisto del salario, allora diventa molto arduo distinguere tra analisi e rabbia, tra
avventurismo e calcolo, tra egoismo e interessi.
Si è creata una strana, imperdonabile atmosfera nel nostro Paese, che si potrebbe anche definire
come complesso di Re Mida. La suggestione della politica, mai così gassosa e virtuale, alimenta
l’idea che basti andare alle elezioni, vincerle, prendere il potere, guidare il governo e personalizzare
al massimo le istituzioni perché tutto diventi oro. Con un corollario altrettanto rozzo: se ciò non è
ancora accaduto, se l’Italia ha ancora qualche guaio, ciò dipende soltanto dal nemico politico,
magari dal tecnico Dini, che tenta di allontanare nel tempo la “vera” Grande Soluzione.
Non è così, purtroppo. Si deve ritornare alla politica, questo si, ma sapendo che la gestione del
potere non basterà. I gusti d’Italia richiedono un ceto affidabile, che sappia di economia, che abbia
un’idea forte del riformismo e che curi l’amministrazione.
Sennò teniamoci i tecnici il più a lungo possibile.