1995 aprile 2 Un Paese sempre in bilico

1995 aprile 2 Un Paese sempre in bilico

Gianni Agnelli dice bene. Un giorno l’Italia sembra sulla strada del risanamento, un giorno su quella
del dissesto finanziario.
Un Paese in bilico tra realismo e autoflagellazione, che non riesce a sfruttare lo slancio produttivo.
Le imprese stanno in Europa, le leggi in Africa: se non accorciamo tanta distanza, tutto resterà così
come sta ora. Appeso a un filo.
Berlusconi non sbagliò ad indicare come possibile il traguardo di un milione di posti di lavoro in due
anni e mezzo. Ma lasciò credere che per ottenerlo bastassero i suoi sorrisi.
L’Italia, questo il punto, ha bisogno di una miscela di rigore e di propulsione, di sacrifici e di incentivi,
di regole e di libertà, di fisco equo dunque più distribuito e alla fine meno vessatorio. Quando gli utili
di un’impresa si vedono sequestrare il 60 per cento, record mondiale, diventa patetico attendersi
investimenti stranieri in Italia o un miracolo economico alla rovescia, dal nostro Nord al nostro Sud,
per diffondere il modello Nordest; capitalismo massimamente diffuso, coerente con il pluralismo
politico e con il “benessere di tutti” secondo la formula liberale della Germania anni sessanta.
E“non dobbiamo commettere errori”, avverte Agnelli. Il dramma è tutto qua. Quando si malgoverna
a lungo, quando si tiene lucido il salotto accumulando la polvere sotto il tappeto, quando un pezzo di
Paese fa la rivoluzione tecnologica e un altro pezzo di Paese continua con le mezze maniche, la resa
dei conti diventa inevitabile: dopo aver sbagliato a lungo e troppo, alla fine non ti rimane che sbagliare
pochissimo o mai. Noi ci troviamo esattamente in queste condizioni.
A volte fa ridere, per non piangere, la disputa sulle privatizzazioni. Perché se è vero che terreni invasi
dallo Stato vanno restituiti al mercato, è altrettanto vero che la grande riforma, più che far diventare
privato il pubblico, consiste nel far funzionare il pubblico – che tale deve restare – come il privato. Il
privato con la mola del profitto, il pubblico con quella dell’interesse generale, cioè del più alto profitto
immaginabile in una democrazia moderna.
Se ci crediamo è fatta. Sennò, Africa e amen.