1995 febbraio 4 Ma Bossi ha almeno un merito
1995 febbraio 4 – Ma Bossi ha almeno un merito
Banchieri, imprenditori, economisti: dopo Ciampi, Berlusconi e Dini, tocca al prof. Romano Prodi.
E’ il segno dei tempi, una virata culturale dettata dai problemi sul tappeto: il debito pubblico, la
disoccupazione, la waterloo dei servizi, la previdenza a rischio. Roba da stomaci forti, non da palati
fini.
Beninteso, ciascuno a proprio modo, quei quattro rappresentano la tendenza post-ideologica. Quando
la politica si accompagna alla bancarotta, l’opinione pubblica esige il primato dell’azione pratica,
pragmatismo di massa, il solo prodotto che non eravamo riusciti a importare dagli Usa dopo la Coca
Cola, i jeans e tutto il resto.
Almeno su un punto Buttiglione ha ragione: quando afferma che “tutti i concetti costruiti nel ‘900
non servono più”. Più che verità, oggi si chiedono soluzioni.
Il travaglio della sinistra nel favorire la nascita del centro-sinistra merita rispetto se non altro per i
pugni nello stomaco che deve incassare. Basti pensare che, in questa fase da matti ma creativa, si
ritrova a braccetto con il liberista Dini, con la signora Agnelli, con il pio Scalfaro e con il cattolico
Prodi che si dichiara “uomo di centro”.
Se a Fini sono bastati quattro giorni per convincere tutti che il fascismo non lo riguarda più, forse è
giunto il momento di chiamare anche il Pds con il suo nome, senza scaraventargli ogni volta addosso
la scomunica “comunista”. Dopo esser approdato a Prodi, si pretenderà dal Pds qualche ulteriore
prova di democrazia?
Un merito, magari uno solo, va riconosciuto a Bossi. Dopo aver funzionato da detonatore della prima
Repubblica, ha fatto deragliare tutti gli equivoci della seconda. Poteva starsene comodo sull’amaca
di Arcore, con i suoi ministri, un tg leghista, potere e sottopotere campando comodo per cinque anni
con la tecnica di Craxi: alzare di tanto in tanto il prezzo dell’alleanza.
Gianburrasca o Don Chisciotte, fatti suoi. Ma senza lo sfascismo numero 2 di Bossi, avremmo perso
tempo. Soltanto ora le due Italie corrono ciascuna a casa propria, a costo di spaccare anche partiti nati
ieri, come il Ppi e la Lega.
Presto sarà tutto più chiaro.