1995 gennaio 08 Con i valori liberali senza fondotinta, per tenere a bada l’inganno

1995 gennaio 08 – Con i valori liberali senza fondotinta, per tenere a bada l’inganno
«Lei con chi sta?».
Scelgo, a campione, la domanda più sintetica che mi sia stata posta da un lettore. Lettrice, per la
precisione.
Come tanti, suppergiù dello stesso tenore, il quesito non lamenta ambiguità o fumosità. No, non è
questo il punto, per fortuna. La domanda mira a qualcosa di molto diverso: con chi sta il Gazzettino,
nel nome del teorema che spacca oggi l’informazione. O di qua o di là.
Provo a rispondere, anche se le parole valgono poco. Conta infinitamente di più l’edicola, con il suo
appuntamento quotidiano: il giornale che fai, il giornalista che si consegna ai lettori. Finalmente nudo,
esposto al rifiuto e al consenso, alla critica e, insieme, alla complicità.
Rovesciando una grande pagina di Honoré de Balzac, sogno un lettore che alla mattina la pensi come il
giornale e alla sera la pensi come vuole. A metà tra fedeltà e distanza.
Oggi la parola d’ordine è invece: schieramento. Bisogna dichiararsi. Lo diceva già qualche anno fa
Giuliano Ferrara, sostenendo che l’unico giornalismo onesto è quello partigiano. La faziosità come
apologia della chiarezza; l’indipendenza come virtù da sepolcri imbiancati.
Ho del giornalismo un’idea assai diversa da quella, pur rispettabile e brillantemente motivata, di
Ferrara. Questo è un lavoro molto bello e forse utile soltanto se si distingue nettamente dalla politica.
La politica deve schierarsi, apparire antagonista, di parte. Non dipende dal sistema maggioritario a due
poli: è proprio la lotta politica che nasce per contrasto. Particolarmente nell’Italia guelfa e ghibellina la
si fa “contro” piuttosto che “per”. E ciò le conferisce un’ulteriore dose di propaganda.
Quando il giornalismo ne assume lo stesso criterio, si riduce a un suo sottoprodotto. Il giornale pensa
cioè come l’editore politico. Oppure, pur con libera scelta di coscienza, sceglie la militanza che piega
tutto al leader, all’ideologia, a un interesse mirato. Economico, finanziario, religioso.
Il Gazzettino prova, tenta, di raccontare la politica senza farla a tavolino, come fabbrica del consenso.
Punta a precisare le cose, non a piegarle a una tesi preconfezionata; ad analizzare ciò che capita tutti i
giorni senza la pretesa di violentare la realtà attraverso i nostri incombenti pregiudizi. Esprimiamo
pareri senza impartire lezioni.
Sento già l’obiezione: ma allora siete qualunquisti, vivete alla giornata, senza bussola.
I lettori sanno che su tutto diciamo al contrario la nostra, possibilmente in modo netto, chiaro, sintetico.
Ci rifiutiamo, questo sì, di sposare qualcuno a scatola chiusa, anche se prendere padrone potrebbe
rappresentare oggi un affare in termini di tiratura. Per andare al sodo, prendiamo la posizione di
Berlusconi.
E’ abile da metter paura. Ha avuto per incubatrice la televisione, conosce lo strumento meglio di
chiunque e lo sfrutta. Anche perché ne ha la proprietà in dose patologica per un uomo di Stato.

Quando entrò ufficialmente in politica, dopo averla fatta sottobanco per sviluppare la Fininvest,
Berlusconi rappresentò a marzo la risposta più forte ed efficiente che l’Italia moderata potesse
inventarsi in quel momento dopo la repentina eclissi di Segni.
Solo il vuoto moderato avrebbe potuto mandare la Sinistra a Palazzo Chigi. Occhetto poteva vincere
per rinuncia dell’avversario, ma quando Berlusconi si inventò cerniera tra Bossi e Fini, la sinistra cessò
di essere competitiva. Per Berlusconi fu un gioco da ragazzi, come sparare sulla Croce rossa.
Questa fu la nostra analisi senza zone di reticenza. Che potesse favorire Arcone, era del tutto
secondario.
Da allora in poi, abbiamo risposto all’invito di Berlusconi: giudicatemi sui fatti. Lo abbiamo fatto, da
Biondi alla Rai, alle pensioni, senza tregua. Che potesse sfavorire Arcore, era, rimane e rimarrà del
tutto secondario.
Ma lei con chi sta?, mi si chiede. Sto innanzitutto con la democrazia, con la voglia di costruire, con un
ideale di servizio, con valori liberali. Ma quelli veri, seri, faticosi, senza illusioni e senza fondotinta.
Senza guitti e senza balconi, senza mascelle tese e senza slogan, per favorire in questo straordinario
Paese la nascita dei conservatori e dei liberali, senza fiamme di destra e senza falci e martello di
sinistra.
Cinque studiosi americani hanno scritto: «Coloro che si aspettano di essere ingannati possono esserlo,
coloro che non si aspettano di essere ingannati, lo saranno». Noi ce lo aspettiamo sempre e lavoriamo
perché anche i nostri lettori se lo aspettino, persino da noi.
Insieme, non eviteremo l’inganno. Ma lo terremo a bada.

gennaio 1995