1995 gennaio 14 Scalfaro è di parola
1995 gennaio 14 – Scalfaro è di parola
Un originalissimo pensatore inglese ha definito l’economia “una scienza triste”. Lamberto Dini ne
sembra l’incarnazione, un po’ come Cuccia, l’uomo più muto e invisibile della finanza mondiale.
Non è stato votato, lo hanno scelto. Non essendo parlamentare, la sua carta d’identità segnala un
tecnico dalla testa ai piedi: parchi sorrisi, un volto scavato da due milioni di miliardi di debito
pubblico.
Speriamo per l’Italia che gli vada bene, In questo momento, scartate le cariche istituzionali, come
Scognamiglio e Pivetti, era il presidente che ci voleva. Conosce il mondo e il mondo lo conosce,
perciò si fida di lui.
I mercati non sono come i balconi di Palazzo Venezia, anzi temono le piazzate. I mercati nascono
agnostici, cercano soltanto affari, corrono dove il rischio è calcolato. I giornali francesi chiamano
Dini “l’uomo del rigore”.
Ricevuto l’incarico, si è scritto poche cose, le ha lette come si legge un listino di borsa. Essenziale,
senza voli pindarici. Fossimo in lui, aggiungeremmo poche righe per consegnare alle Camere il più
breve messaggio della storia parlamentare italiana. Fra tanti tribuni da quattro soldi e onorevoli di
poco onore, almeno un tecnico – non un demagogo – della parola.
Invocando l’articolo 92 della Costituzione, Dini ha cominciato come piace a noi. I partiti fuori dai
piedi, i ministri me li scelgo io: in pochi giorni gli e ne faranno passare di tutti i colori ma, se tiene
duro, resterà magari sol per questo negli annali.
E’ già qualcosa.
Scalfaro il suo dovere l’ha compiuto tutto e bene. In questi anni il Quirinale è cresciuto di tono
perché Scalfaro, pur con tutte le stimmate di un passato remoto della Repubblica, conosce il
mestiere, le regole. Ha competenza; quando parla di Stato sa di che cosa si tratta al contrario di
tanti biscazzieri della politica che, soltanto perché “nuovi”, si ritengono autorizzati a tutto.
Scalfaro ha bocciato sia Berlusconi che le opposizioni. Al primo, il, Capo dello Stato ha impedito di
brutto di fare il bis perché non aveva più la vecchia maggioranza. Alle seconde ha ratificato
l’evidenza che non basta buttar giù un governo per legittimare una nuova maggioranza davvero
politica.
A Berlusconi, Scalfaro ha esibito la Costituzione; alle opposizioni, la tutela del voto del 27 marzo.
Con ciò il Quirinale è stato di parola, la parola data la sera dell’ultimo dell’anno a reti unificate.
Anche se è già cominciata la corsa all’accaparramento di Dini, questo appare davvero come “il
governo del presidente”. Dopo aver terrorizzato il Polo ora con Scognamiglio ora con la Pivetti,
Scalfaro ha scelto il punto di equilibrio nell’ex-ministro di Berlusconi. Con ciò ha spiazzato gli
estremisti dello scontro.
La scelta di un governo dei tecnici dimostra che la politica è in panne, ma che l’Italia non può, non
deve pagarne il prezzo economico. Dini non ha un mandato a termine, che sarebbe incostituzionale:
durerà quel che serve prima di riconsegnare, con il voto, il Paese alla politica. Poiché non abbiamo
precedenti, navigherà a vista.
Con qualche regola in più e in un clima più decente, gli italiani avranno tutto il tempo per scegliere,
premiare e punire.
Se tutti i golpe fossero come questi, noi ci metteremmo sempre la firma.