1995 novembre 6 La pace è anche una guerra
1995 novembre 6 – La pace è anche una guerra
Anche la pace è una guerra. A volte, può far morire i suoi uomini migliori.
Le strade della pace e della guerra sono ambigue, speso si intersecano, confondono i destini degli
uomini e lo stesso significato delle parole. E l’ultima parola spetta soltanto alla storia.
Le vite parallele di Rabin e Arafat mettono a dura prova ogni semplificazione. Rendono onore alla
complessità di un dramma moderno con radici bibliche.
Per lunghi anni, decenni, Arafat è stato “il terrorista”, l’ultimo flagello di Israele. Rabin, nel 1941,
giovanissimo, fece parte dei nuclei clandestini del primo esercito israeliano, pronto alla lotta occhio
per occhio dente per dente contro inglesi, arabi, palestinesi.
Chi cerca la propria terra con le armi, a dispetto della legalità internazionale, è sempre un “terrorista”.
Se perde, lo resterà per sempre; se vince, sarà eroe, padre della Patria, fondatore dello Stato. Per
sfuggire alla polizia Giuseppe Mazzini viaggiava con un passaporto inglese sotto il nome di mister
Brown.
Lo Stato di Israele e lo Stato Palestinese sono terre promesse conquistate a prezzo di fiumi di sangue,
ma quel sangue stancò sia Arafat, il capo dalla pistola nella fondina, che Rabin, il militare nei blitz.
Il Nobel della Pace non premiò due pacifisti, ma due uomini duri convertiti alla pace dall’inutilità
della loro guerra.
La pace cova a lungo. Alla fine della guerra contro l’Egitto, più di vent’anni fa, Rabin tenne un
discorso memorabile raccontando il tormento dei soldati costretti a uccidere il nemico. Lui l’aveva
conosciuto.
Non di rado la pace incontra i suoi nemici più radicali tra che si appella direttamente alla fede. “Me
l’ha ordinato Dio”, ha detto alla polizia l’assassino israeliano di Rabin. “Allah è grande”, cantavano
nella notte gli integralisti mussulmani in Libano per festeggiare quei tre colpi mortali.
Hanno ucciso Rabin, Arafat rischia la vita ogni giorno. Non sono uomini coraggiosi per aver sfidato
la paura, l’uno dell’altro; lo sono perché hanno puntato tutto sull’idea che la pace possa vincere anche
disarmata.
Per realismo se non per amore.