1996 maggio 19 Caro Presidente Prodi
1996 maggio 19 Caro Presidente Prodi
Caro Presidente Prodi,
mi permetto di indirizzarle una lettera dal Nordest. Non per la pretesa di rappresentare quest’area, ma
perché il nostro giornale ha camminato con essa e ne ha inchiostrato i progressi, il tumulto, la
speranza, i rischi.
Qui si respira una spaventosa voglia di governo. Se per governare si intende non soltanto asfaltare,
bensì dare gerarchia alle urgenze, staccare il freno a mano che blocca il Paese, garantire un minimo
di stabilità e continuità dopo mezzo secolo di Repubblica al ritmo di un esecutivo all’anno, record
mondiale di precarietà amministrativa, parallela all’immobilismo politico.
E’ molto facile equivocare sul Nordest, a cominciare dal rapporto tra economia diffusa e Stato, quasi
che la crescente insofferenza nasconda il rifiuto dello Stato, un egoismo di massa, l’incapacità di
visione nazionale. Io so che lei invece sa come stanno le cose, e ci si può contare.
Il Nordest ha bisogno di Stato, eccome! Non di questo stato, che Dio ce ne liberi al più presto
possibile, ma di uno Stato con la “S” maiuscola. Prima o poi un’economia polverizzata finirà con il
disunirsi se continuerà ad affrontare la competizione internazionale senza la parità nei punti di
partenza, cioè nei servizi.
Pur privato fino al midollo per cultura e flessibilità, il modello della piccola e media impresa richiede
– infinitamente più degli altri – una presenza pubblica molto forte e molto efficiente, investimenti
non sostegni, infrastrutture, non agevolazioni.
E’finito il tempo della elemosina clientelare, il Nordest chiede soprattutto riforme, suo autentico
plusvalore.
Come dire, caro Presidente, che qui c’è domanda di Stato, non rifiuto. Uno Stato che rovesci come
un calzino la sua ideologia ministeriale, fabbrica a tempo peno di ingorgo legislativo e di corruzione.
Al contrario, la cultura del lavoro e dell’impresa spinge inevitabilmente alla richiesta di federalismo,
cioè all’idea di poter produrre sul territorio anche la qualità della democrazia. Un fatturato questo
tutt’altro che secondario, anzi primo motore del buongoverno.
In questo giorni le nostre cronache si occupano dei guai del PalaFenice a Venezia e del blocco della
strada statale di Alemagna che conduce a Cortina. Nulla, ma proprio nulla in comune tra i due
problemi, se non la fatica burocratica, la lentezza dei meccanismi, la foresta dei vincoli, la perdita
della nozione stessa del tempo. Quasi che il cittadino dovesse fatalmente rassegnarsi a ricuperare sulla
sua pelle tutto il tempo che lo Stato delle procedure gli intima di perdere nel nome del suo fallimento.
Non esistono una questione settentrionale e una questione meridionale. Molto più semplicemente sul
tavolo del suo governo c’è la questione Italia, che produce allo stesso tempo l’insofferenza del Nord
e la frustrazione del Sud.
Caro Presidente Prodi, ci creda, non facciamo i provinciali nel dire che quella grande questione
nazionale, come dire il nostro futuro, passa a Nordest. Provi a dare senza indugio risposta a quest’area
e ben presto si accorgerà che governare l’Italia, e tenerla insieme, non è impossibile.