1996 marzo 24 Quel sogno nel Nordest dei sindaci
l’Adige
1996 marzo 24 – Quel sogno nel Nordest dei sindaci
Libro-intervista di Montagni al direttore del Gazzettino Giorgio Lago
Il Nordest realtà storica e orizzonte di un’Italia che vuole cambiare. Alla radice. Giorgio Lago, dal
1984 alla guida del Gazzettino di Venezia, racconta in un’intervista a Gianni Montagni («Nordest
chiama Italia», Neri Pozza editore, Vicenza) il sogno di un grande giornalista «liberal da sempre e
federalista per sempre». E’ il sogno di un direttore che in pochi anni ha trasformato il suo giornale in un
prezioso momento di stimolo ma anche di lotta per quella che pare l’unica vera speranza di
trasformazione profonda dell’Italia dei burocratismi: il Movimento dei sindaci del Nordest.
Col tono disilluso di chi ne ha viste e sentite di tutti i colori, Lago (nella foto) esamina l’attacco
sacrosanto alla vergogna di Tangentopoli e la successiva fase di transizione politica che stiamo
vivendo, tra ritardi e illusioni. E parla di «rivoluzione a metà», riferendosi alla “rivolta” nel Nordest,
«avanguardia» di un Paese ancora vittima di «quel centralismo sabaudo che ha perpetuato la burocrazia
durante il fascismo in modo tale da vivere indisturbato anche in questi cinquant’anni di repubblica, tra
inamovibilità e finto regionalismo». Quella rivoluzione va completata con un federalismo «compatibile
con lo stato sociale» e frutto della polis («Il Nordest, il Municipio, l’Impresa: il triangolo virtuoso»). E
attenti, ammonisce Lago, «oggi, chi vuole il presidenzialismo senza federalismo deve essere fermato, è
il pericolo pubblico numero uno».
Come nei suoi pungenti editoriali, Lago ripercorre la storia del Veneto bianco e dell’Italia corrotta,
rivelando i retroscena penosi colti da un osservatorio privilegiato come la scrivania del direttore di un
grande giornale: «Chi mi accusava di essere sfascista solo per voler abbattere lo Stato del malgoverno,
della corruzione, del Sisde e delle caste degli Intoccabili, è ancora lì a dirci che è sbagliato mobilitare i
sindaci e le forze produttive del Nordest per costruire il nuovo Stato, lo Stato federale». C’è, insomma,
un fronte della restaurazione, contro la ripresa democratica. E non a caso a Lago ricorda che il
Gazzettino «non ha mai abbandonato Mani pulite: anche gli errori del pool di Milano ci sono parsi un
prezzo marginalissimo da pagare a valori più alti».
In questo quadro, ecco la grande sfida del Nordest, della locomotiva economica, del “modello veneto”
che è riuscito a svilupparsi «nonostante la manomorta dei partiti». Il trevigiano “razza Piave” Giorgio
Lago chiama alle sue responsabilità storiche questo Nordest «metafora della crescita italiana», che è
insieme realtà e utopia, avanguardia imprenditoriale e laboratorio sociopolitico. Ma sbaglierebbe chi
vedesse nel fervore di Lago un approccio provinciale o localistico. Tutt’altro. Si tratta di fervore
illuminista che viene da una città cosmopolita di natura, come Venezia. «Faccio un sogno: il Nordest ce
la fa a funzionare da detonatore di un patto nazionale e l’Italia ce la fa a stare finalmente in Europa
senza complessi. Nella classifica europea della legalità ora siamo all’ultimo posto».
E quest’Italia, con la testa «immersa nella possente Europa di marca tedesca e i piedi a un passo
dall’Africa», dovrà pensare non solo a riformare lo Stato decentrando il potere ma anche facendosi
«laboratorio di una cultura che trasformi il Mediterraneo in un lago europeo. Un po’ quel che potrebbe
essere Venezia per l’ambiente: il luogo che elabora la nuova filosofia dell’uso. Usare il mondo senza
consumarlo, rendere l’uomo compatibile, creatura non padrone. Il nostro futuro non dipende soltanto da
quello che è oggi l’Italia, dal rapporto Nord-Sud inteso come Lombardia-Sicilia. Il Nord con cui fare i
conti è molto più vasto, è il Centro-Europa; e il Sud è il Sud del mondo» con cui saper convivere. E il
Nordest, che è ricchezza conquistata, povertà nella memoria e diversità valorizzate, può raccogliere
questa sfida.
Zenone Sovilla
marzo 1996