2001 Aprile 2 I partiti/2
2001 Aprile 2 – I partiti/2
Si dà la colpa alla legge elettorale, per spiegare il mercato delle liste. Si potrebbe dire: ben vi stà,
avendo conservato una legge di marca dc da tutti considerata un flagello per la governabilità.
Ma la legge è anche un alibi di bocca buona per le mediocrità del ceto politico. Non c’entra nulla la
legge elettorale con le candidature di figli, mogli, parenti, amici da proteggere.
Si dice anche che, garantendo i partiti, la quota proporzionale rovina da sola l’intero maggioritario.
E’ vero soltanto in parte, dal momento che questi partiti non sono nemmeno parenti di quelli di dieci
anni fa.
Per merito di tangentopoli, hanno meno soldi di ieri, il che significa meno apparati. La
personalizzazione ha fatto il resto, a forza di televisione: la tv ha praticamente sostituito la rete delle
sezioni, delle parrocchie, dei centri di formazione politica.
Il territorio conta meno, altro che.
Per questo, sparare oggi sui partiti è come mitragliare la Croce Rossa. Le vere gerarchie di partito
erano quelle di Piazza del Gesù (Dc) o di Botteghe Oscure (Pci), non queste. Rutelli è addirittura
privo di partito mentre Berlusconi vanta come titolo di affidabilità proprio il non aver fatto politica
di professione. Il partito sono io.
Nonostante l’esibizione di federalismo all’ingrosso, mai il budget delle candidature è stato così
pilotato al centro. All’insegna del tutto-leader e niente-partito, sta cambiando l’organizzazione del
consenso sicchè diventa patetico attribuire ai “partiti” (invisibili) e non ai “leader” (visibilissimi) la
pochezza del mercato politico, collegio per collegio, all’asta. Non basta cambiare una legg9e