2001 Aprile 24 …e la noia
2001 Aprile 24 – …e la noia
Chi chiama le cose per nome è, a mio sommesso parere, soltanto il vescovo di Como, che sta per
pubblicare un libro dal titolo “Fine della nostra cristianità”, dove il “nostra” si riferisce all’Italia. Non
temessi di mancare di rispetto al vescovo quanto al tema, direi molto semplicemente amen.
Monsignor Alessandro Maggiolini va come sempre al sodo, nello stile dell’uomo che non le manda
a dire e che, da teologo, guarda a ciglio asciutto la realtà. La gente, ha spiegato al “Corriere” che lo
ha intervistato, se ne va dalla Chiesa per “noia”; l’italiano è ormai un “ex credente”.
L’analisi del vescovo evita di proposito i toni consolatori. Dice: i dogmi faranno fatica a tenere, gli
italiani sono come indios da evangelizzare, il sacro diventa spettacolo, la società ben pasciuta vince
sulla cristianità e la stessa Chiesa viene oramai vissuta come “istituzione umana, soltanto umana,
perfino mondana”.
Sembra di sentire padre Turoldo che, una volta a Padova, mi regalò una frase strepitosa per profondità:
“Sai qual è il dramma oggi della Chiesa? Il dramma della Chiesa oggi è che obbedisce al Papa e non
a Cristo”. Si fermò un momento, quasi a precisare meglio il suo pensiero: “Il dramma è che finisce al
papa, non fa il salto, fino a Dio, su”, aggiunse sollevando una mano.
Umana, dunque, addirittura mondana la definisce il vescovo di Como. Ai laici la Chiesa si presenta
per lo più come un’agenzia morale; ai politici come un soggetto del consenso pluralista; al mondo
della comunicazione come attore mediatico; agli intellettuali come interlocutore quasi confidenziale,
qui e subito.
Ne danno prova ad esempio gli ultimi numeri del settimanale “Micromega”, epicentro della cultura
di sinistra. Gianni Vattimo, teorico del pensiero debole, scrive una lettera aperta al cardinale Ruini
temendo che la Chiesa “sia pronta a vendere il suo appoggio al Polo per un piatto di lenticchie” e
Massimo Cacciari, da filosofo della modernità, dialoga con il cardinale Achille Silvestrini
sull’impegno dei cattolici in politica, domandandosi e domandandogli: “Può la Chiesa che milita, può
la Chiesa del nostro tempo non essere anche peccatrice rispetto alle parole più pure di Gesù: ama il
tuo nemico, non giudicare?”
Domanda terrificante quella di Cacciari, ma forse fuori tempo massimo, a sentire il vescovo di Como
quando osserva che “la gente se ne va dalla Chiesa non sbattendo la porta: per noia, piuttosto”. Se le
cose stanno come teme monsignor Maggiolini, e come profetizzava padre Turoldo, sarà sempre meno
importante anche sapere quale sia la “politica” di Ruini e/o di Martini.