2001 Gennaio-Luglio Bentornati gladiatori, ma già col lutto al braccio
2001 Gennaio – Luglio – Bentornati gladiatori, ma già col lutto al braccio
Bentornata Formula 1, anche se già col lutto al braccio. Poche ore prima del via mi ero incavolato
leggendo su “Repubblica” un’affermazione di Niky Lauda, che è un grande-grande e che, fra l’altro,
porta in faccia il fuoco dei granpremi. Enzo Ferrari lo considerava il pilota forse più “intelligente”
della sua sterminata galleria di campioni, ma senti cosa aveva detto l’asso austriaco: “Non c’è più
sangue sulle piste, e questo è un bene. Ma c’è anche meno phatos. D’accordo, rendere le corse più
sicure, ma prima o poi gli spettatori si stancheranno di guardare spettacoli così noiosi”.
Ma santo Dio, se è noioso entrare in curva a 293 chilometri all’ora, vuol dire che stiamo diventando
dei Nerone. Non ci basta più lo sport, né lo show; abbiamo bisogno di mandare in pista soltanto
gladiatori. Gente da schianto per le nostre emozioni drogate.
Fosse soltanto l’opinione di Lauda, passi: dispiace per lui; personaggio spigoloso ma che ho sempre
stimato. Il fatto è che la sua filosofia intacca molti appassionati di questo sport che corre sempre su
una lama. Sembra asfalto, ed è affilato come una lama.
In poche ore, tra prove e corsa, Schumacher è capotato come un canguro; Hakkinen è uscito di curva
quasi torcendosi il collo; Villeneuve è volato come un pipistrello su un malcapitato commissario del
circuito. Non è stata una morte noiosa né annoiata. Ma poi, questo il punto, la Formula 1 ”non può”
essere noiosa, nemmeno quando fila tutto come l’olio. Il suo destino distilla adrenalina, dal via fino
al traguardo, ad ogni metro: la sua sicurezza si dimostra sempre presunta, la sua tecnologia trattiene
il fiato, la sua strategia mai riuscirà a domare l’imponderabile.
I record cadono come mosche; i limiti vengono di continuo aggiornati. Basta un nuovo tipo di gomma,
un bottone in più o qualche giro del motore in aggiunta, per migliorare i tempi di secondi, non di
qualche decimo o centesimo. Ieri notte era possibile cogliere a vista d’occhio che andavano come
schegge, che erano più veloci dell’anno precedente. Se a notte fonda e a diecimila chilometri di
distanza, in poltrona con una botta di sonno da far paura, uno spettatore qualunque televede che la
velocità aumenta ancora, sarebbe davvero pazzesco abbinare la sicurezza alla noia.
Divertirsi quando non succede proprio niente. Qui sta la bellezza anche perché, quando niente accade,
a me capita di pensare sempre a un mezzo miracolo. Ogni volta, alla partenza, i piloti sono tanti
portatori sani di rischio. Un attimo dopo, caricano a bordo l’idea del crash, come un accessorio del
mestiere: “Voi si, io no, io non ho avuto paura” ha precisato Schumacher dopo il doppio salto. Sorella
paura, direbbe San Francesco.
Eppure la morte sta sempre lì, nei paraggi, gironzola sul percorso. Sembra lontana, distratta, invece
paga sempre il biglietto d’ingresso al circuito e ha il palato fine: a volte le basta un cordolo, a volte
un contatto lieve di copertone o lo scoppio di un pneumatico, oppure una sospensione. Al mio
indimenticabile Senna bloccò il volante. A Monza, un commissario fu abbattuto da una ruota vagante.
Ieri, a Melbourne, da una rete metallica premuta da una macchina vagante. La morte ha sempre
fantasia, sa mascherarsi meglio che al carnevale di Venezia.
Pare quasi che, per vendicarsi della maggiore tutela dei piloti, si accanisca su chi li sta a guardare,
oggi troppo esposti, poco protetti. Loro se ne stanno tranquilli, come a teatro, ma a osservare da
vicinissimo. I missili figli del computer, dell’elettronica, delle gallerie del vento, dell’intelligenza
artificiale e della religione del motore.
Per vincere in Formula 1 la Ferrari investe 600 miliardi all’anno. Solo i motoristi sono 120, e
costruiscono un motore estremo che dura 400 chilometri, meno di un giorno, quanto la vita di
un’effimera, anche se per collaudarne lo sviluppo il trevigiano Badoer percorre ogni anno 20 mila
chilometri, metà dell’Equatore.
Si dice che la scienza uccide via via il pilota e che per Schumacher e Hakkinen oggi è molto più facile
che per Nuvolari o Ascari. Ci risiamo con la solita storia senza soluzione: più forte Binda, Coppi o
Merckx, più Piola o Batistuta, più Carnera o Cassius Clay?
Mi limito a osservare che, più o meno elettronica i migliori stanno sempre lì, davanti, Ferrari e
McLaren, esattamente come l’anno scorso. Schumacher in testa. Scommetto che, anche senza drammi
e ribaltoni, il popolo della Ferrari non conoscerebbe la noia. Figurati.