2001 Gennaio-Luglio Doping e Olimpiadi: stop allo scandalismo gratuito

2001 Gennaio – Luglio – Doping e Olimpiadi: stop allo scandalismo gratuito

Ho rivisto Tardelli urlare come nel mitico 1982: e questa sarebbe la notizia. Ho visto tra le mani di
Peruzzi l’ennesimo gol fatto che l’arbitro ignora: e anche questa sarebbe una notizia, a conferma che
il calcio resta il meglio e il peggio della vita. Però la cosa che colpisce di più è questa storia del
doping, che salta fuori retroattivamente, fino a sporcare l’azzurro di Sidney. Dicono che l’oro non
prende macchia: balle.

Se qualcuno non chiarisce al cento per cento la faccenda, tutto prende macchia, altrochè.

Questa volta il caso è specialissimo per una questione molto semplice, che fa a pugni con il passato
nemmeno tanto remoto. Quando da inviato seguivo le Olimpiadi, si dava ad esempio per scontato che
i tedeschi dell’Est, a partire dalle povere donne farcite di tutto, masticavano più chimica che
cioccolato. Si vedeva il doping a occhio nudo, e i controlli non servivano a nulla.

Adesso, non è più così. Proprio a Sydney, per la prima volta nella storia dell’Olimpiade sono stati
introdotti controlli incrociati sangue/urina per pescare gli imbottiti di turno. I risultati si sono visti o
intuiti: qualche atleta è rimasto a casa sapendo che lo avrebbero beccato; tanti altri sono stati cacciati
al mittente; altri hanno stranamente reso meno del previsto. Insomma, sono stati fatti progressi nei
controlli, senza contare che gli italiani ne sono usciti indenni. Questo è quanto, ma non solo.

Anche se noi italiani siamo specialisti nell’auto sputtanamento nazionale, con l’antidoping siamo
tutt’altro che gli ultimi della classe. Disponendo di quasi quattromila atleti controllati, censiti e
computerizzati, l’Italia offre in materia la più importante banca dati del mondo, avendo tre anni fa
lanciato la campagna “io non rischio la salute”, iniziativa un po’ culturale un po’ clinica.

C’è di più. I nostri bellissimi Rosolino & Bellutti, in piscina o su strada o in pedana, si sono
caratterizzati come l’oro della pastasciutta. Non hanno vinto e basta; non hanno soltanto superato
senza alcun problema i severi controlli australiani; no, hanno proprio esibito la pulizia, il risultato
trasparente, quasi una diversità di fondo rispetto a pratiche sempre più da stregoni del 2000.

In sostanza hanno lanciato un messaggio ai ragazzi di tutto il mondo, un vero e proprio spot in
mondovisione a vantaggio del “si può” vincere senza il sangue come la marmellata, senza i muscoli
come bondiole di anabolizzanti, senza il corpo ridisegnato dall’ormone della crescita, quello che se
in natura manca ti rende nano e se eccede ti fa gigante. Quando fuori controllo, roba da Frankenstein.
Per questo, i sospetti lanciati oggi, a posteriori, come cacca nel ventilatore, sporcano il doppio. Perché
si appiccicano su atleti che avevano scelto proprio l’Olimpiade anche come manifesto personale di
lealtà chimica: una cosa così stonata non può passare sotto silenzio, a patto che si facciano le
requisitorie con assoluta serietà, non alla carlona come sembra in queste ore.

Prendiamo ad esempio Antonella Bellutti, oro nel ciclismo. E’ stata la prima ciclista in assoluto a
firmare la campagna “Io non rischio la salute”. Passa per una donna intelligente, molto sensibile e
altrettanto professionale. Assicura chi la conosce a fondo: “circolano pochi atleti del suo livello”.

Il dottor Patrizio Sarto, 36 anni, veneziano, ex pattinatore a rotelle con 7 titoli mondiali e 4 primati
del mondo oltre il resto, ha seguito la Bellutti durante la preparazione per Sydney. Da medico sportivo
professionista e da ex atleta di altissimo livello internazionale, s’indigna quando sente di parlare di
valori “fuori norma” dell’ormone della crescita, il famigerato GH più pericoloso persino dell’Epo
(eritropoietina), se i controlli non rispettano le norme più elementari e prudenziali.

Già si cammina sulle sabbie mobili per definizione. Se poi circolano “valori” non scientificamente
garantiti, è chiaro come il sole che si finisce in tribunale. Sicchè, alla fine del polverone, l’unico
risultato certo consiste nell’indebolimento dell’antidoping.

Per pescare l’abuso di GH, ormone prodotto in natura dall’ipofisi, l’esame deve svolgersi in una certa
maniera, restando 90 minuti distesi sul letto, in completo relax visto che il GH sbalza anche per una
rampa di scale, uno spavento, una fase di stress. Dopo un viaggio da Roverato, la Bellutti fu
controllata stando seduta, dopo aver fatto le scale e un su e giù per il centro medico. Dice il dottor
Sarto: “Contro il doping, è una guerra senza quartiere, ma per vincerla bisogna essere rigorosi,
inattaccabili”. Il contrario dei Don Chischiotte e/o degli stregoni.