2001 Gennaio-Luglio I viziati del pallone e l’umanità del bagarino

2001 Gennaio – Luglio – I viziati del pallone e l’umanità del bagarino

Secondo me, uno scudetto dovrebbero darlo al bagarino – ovviamente napoletano – che la polizia ha
fermato sabato a Torino con cento biglietti di Juve- Roma: dieci in mano e novanta nelle mutande.
Che grande! L’uomo è stato segnalato all’autorità giudiziaria per illecito amministrativo, quando, al
contrario, avrebbe meritato un premio. Lui solo infatti è stato capace di sdrammatizzare davvero la
partita, ficcandosela nello slip, con i suoi biglietti pagati a peso d’oro, con i suoi vip altrettanto dorati,
con l’odio autentico e il finto fair play, con i movioloni e le quotazioni in Borsa. Tutto lì, nelle
mutande, per guadagnarci sopra qualche lira e tornare a campare fino alla prossima partita “issima”,
come il fine dicitore, quel personaggio di Totò che “pè magnà, al furto s’era dato”.

Ci voleva un bagarino napoletano per restituire un pizzico di umanità al calcio acido, così stressato
da stancare i calciatori come minatori del Transvaal. Una vera pacchia per i somministratori di
“integratori”, leciti il più delle volte, oppure tagliati – sottobanco. Personalmente, non credo che
l’attività dei calciatori d’oggi sia esagerata, come tende a credere anche l’avvocato Campana.
Piuttosto, facevano la vita troppo comoda fino a qualche anno fa.

Gianni Brera, come arcinoto, sosteneva che è meglio fare il giornalista che lavorare. Si sarebbe potuto
dire anche che il lavoro di calciatore assomigliava molto a un hobby, soprattutto se confrontato ai
carichi di fatica dell’atletica leggera (…altro che “leggera”…).

Il fatto è che siamo ammalati di mito; siamo veri e propri mitomani. Celebriamo campioni
scambiandoli per eroi, senza più alcun riferimento alla realtà quotidiana: spesso molto più eroica
anche se meno superlativa.

Una donna che lavora e che tiene famiglia ha un impegno più “esasperato” di Zidane e di Totti! Per
quel che riesce a fare ogni giorno, per 365 giorni all’anno, una casalinga media meriterebbe anche un
ingaggio. Non sto scherzando, voglio soltanto dire che sta diventando abbastanza comodo l’alibi del
super-lavoro per spiegare tutte le puttanate del calcio. Se cercano il nandrolone, è perché non ce la
fanno. Se fanno gli scemi con il passaporto, è colpa della pressione. Se scalciano e sgomitano anche
per nulla, dipende dalle tossine: insomma, sembrano gli ultimi stakanovisti in circolazione, mentre
sono i primi viziati dello sport-spettacolo. Coccolati come reliquie.

Trent’anni fa, per preparare l’Olimpiade di Monaco, Novella Calligaris si alzava per allenarsi quando
ancora mezza Padova dormiva beatamente nel proprio letto. A Novella, le medaglie costarono anni
più in acqua che all’aria aperta.

Se vogliamo fare i confronti, bisogna farli proprio tutti, ieri e oggi. Per collaudare l’Aprilia come si
deve, il motociclista Lucchi si fa ogni anno ventimila chilometri in pista, a medie che vi lascio
immaginare.

Smettiamola con i luoghi comuni, che finiscono con l’assolvere anche le più risibili manifestazioni
di cosiddetto “stress”. Con il risultato ,spesso, di intimidire anche il gioco di classe a forza di gioco
fisico. Tanto, poveracci, sono stressati dai miliardi… Guardate Roberto Baggio, le sette bellezze del
football, nonostante età, infortuni e scarponi nei dintorni. Fa delle cose da leccarsi la punta delle
scarpe e, ogni volta, con lui mi torna in mente un altro genietto veneto: Mariolino Corso, Veronese
di San Michele Extra, al quale s’impuntava scarso movimento, anzi di “Camminare” in campo
vivendo di rendita sulla sola classe. Una volta, di ritorno da uno degli “storici” match con il Real
Madrid, lo intervistai per capire. Lui si spiegò così: “Se uno corre come un pazzo dieci volte e tocca
due palle, che significa? Io debbo cercare di far giocare la squadra, non di farla correre. Io posso fare

3 metri e, in 3 metri, portare via la palla all’avversario, girarmi per la battuta e metterla a trenta metri
in area, che basta spingerla in rete. Tre metri faccio, camminando, mentre per la teoria del dinamismo,
servirebbero chilometri.

Tu pensa; a distanza di tanti anni, sembra il ritratto sputato di Baggio. Quasi una profezia, a sostegno
di un calcio che non si arrenda al solo muscolo e ai suoi volumi. E che, da Corso a Baggio o allo
stesso Vieri, sappia anche difendere un certo disincanto, una qualche ironia, un ultimo piacere del
vivere la partita senza incubi notturni. Sarò un fissato ma mi piacerebbe un sacco che il calcio fosse
abitato anche da tanti Valentino Rossi. Alla fine di una freudiana Juve-Roma, più stressata del
Nasquad, lui avrebbe detto: “Ciao”. Come ieri a Jerez, olè.