2001 Gennaio-Luglio Il gol dell’asso Wojtyla, i fischi all’ex Pinturicchio
2001 Gennaio – Luglio Il gol dell’asso Wojtyla, i fischi all’ex Pinturicchio
La notizia curiosa sarebbe questa: perfino durante la partita del Papa, in uno stadio Olimpico
salmodiante, tra inni e alleluia, mentre i giocatori si impegnavano a occultare i rituali “vaff” di
campionato con aristocratici “sorry” all’inglese e a sostituire le solite bestemmie da mondovisione
con innocui pofferbacco, perfino ieri, in un pomeriggio benedetto da Dio e dagli uomini, ho sentito
una bordata di fischi all’indirizzo di Alessandro Del Piero, ex Pinturicchio, ex Alex di tutti noi, ex
Del Piero soprattutto, il quale, perso malamente un dribbling, ha scoperto che anche il mansueto
popolo del Giubileo non lo regge più. Pensa tu la povera Juve, che oramai punta tutto
sull’intercessione di Giovanni Paolo II: o alla fine lo ha benedetto lui dalla tribuna o addio gol, e il
resto.
Scherzi a parte, ieri a Roma è stata una giornata molto particolare. Pur avendo una sorella suora, che
sicuramente gli avrà raccomandato la temperanza, Giuàn Trapattoni ne ha detta un’altra delle sue, e
cioè che la giornata più importante dell’intero Giubileo è stata quella allo stadio. Non c’è Tor Vergata
che tenga né milioni di pellegrini a Piazza San Pietro; per il Trap, il calcio vale quanto il Vecchio e il
Nuovo Testamento messi assieme.
Però anche se il Giuàn nazionale (il Giuàn universale resta, beninteso, Gianni Brera) si è un po’
allargato come direbbero a Roma, bisogna ammettere che la sua esagerazione ha un qualche
fondamento .Iperbole a parte, va capita, visto quel che succede nello sport in generale, non soltanto
nel calcio. Il Papa è stato anche fortunato. Sarà per l’occhio di riguardo della Provvidenza, ma ieri
Wojtyla ha fatto centro con una tempestività da record mondiale. Non poteva trovare un momento
migliore per dire la sua sullo sport.
Lui invoca “civiltà”, e su certi campi è già tanto che non sparino a pallettoni dalle curve. Si appella
ai “valori”, che un sacco di gente scambia per Euro. Consiglia “lealtà”, mentre il doping entra alla
grande anche nelle gare tra disabili. Raccomanda “ideali”, quando nel cielo brillano solo le stelle dei
procuratori. Dai, diciamolo con un sano pelo laico sullo stomaco: ci voleva una predica, serviva che
qualcuno dicesse cose serie avendone pienamente titolo. Non ce l’ha il Coni, figuriamoci; non ce l’ha
più nessuno: da Sara Simeoni ad Aldo Serena, siamo pieni di bei testimoni, una pubblicità progresso
in carne e ossa a vantaggio dello sport, ma nessuna grande voce, nessuna grande figura che sappia
accompagnare lo sport nel passaggio dal professionismo al business satellitare. Piaccia o no, ieri il
Papa si è inventato una grande occasione per riempire il vuoto.
Del suo sermone, non so francamente quanto resterà domani negli stadi veri, post-Giubileo, eppure
ci voleva. E’ un po’ come quando scatti dal quotidiano ingorgo di pianura e sali in montagna, sopra i
mille metri: ti fermi su un bel prato, spegni la macchina e respiri profondo. Ah, che ben. Guardando
la tv, personalmente ho avuto questa stessa sensazione.
Trucchi, violenze, bombe chimiche, slealtà, ci sono sempre state, da che sport è sport. Bisogna evitare
il solito errore di scoprire ogni volta l’acqua calda: ciò che impensierisce oggi è la quantità (vedi il
doping) e la qualità (vedi la testata Zidane). Mi spiego subito.
Pantani se la vedrà in tribunale; Virenque, il francese, ha confessato dopo 27 mesi di bugie. Quanti
bugiardi ci sono in circolazione in Italia nel ciclismo come in tanti altri sport? Invece di separare il
grano dal loglio, il doping e l’antidoping si fronteggiano da noi come due partiti alla pari. Questo il
dramma.
Ho citato la testa europea di Zidane come paradigma. E’ bravo, bravissimo, mondiale, europeo, con
addosso tutti gli scudetti possibili e immaginabili; beh, se uno come lui fa il montone, allora è la fine.
Non so se mi spiego: quando Tyson sbrana l’orecchio al pugile che ha davanti, non mi stupisco affatto,
è Tyson, un’arma più che un uomo. Ma Zidane, che parla in francese con l’avvocato Agnelli; che è
un santino vivente per tanti calciatori in erba; che sa tutto della vita e del football, no, Zidane no. Se
anche lui fa il Tyson, è segno che circola tra noi un virus stressato, un’eco che non si sa bene da quale
direzione rimbalzi in campo.
Il Papa ha messo in guardia dall’”ossessione”, Forse si illude; forse la macchina del risultato fabbrica
ossessione per destino. Se gli stadi contengono pezzi di vita, vi troveremo sempre anche la teppa
razzista o degli amici di Arkan, come Mihailovic.
Karol Wojtyla, ex portiere, ex sciatore, nuotatore e alpinista, ha rivendicato il diritto ad illudersi e il
dovere di non deludere. E’ stato 0-0 ieri in campo: ha fatto gol solo il Papa.