2001 Gennaio-Luglio Il morbo della Juve pazza, il rebus nerazzurro

2001 Gennaio – Luglio – Il morbo della Juve pazza, il rebus nerazzurro

E’ il morbo della Juve pazza, per non parlare dell’Inter che batte tutti in encefalopatia spongiforme.
Sono entrambe ammalate nella testa, le beneamate, non c’è dubbio, visto che si mostrano peggiori
persino degli scarsi risultati che ottengono in campo. Il che è tutto dire. Restiamo ai fatti, dunque alle
coppe e al campionato.

La Juve non vale oggi nemmeno l’Uefa: l’Inter fa una fatica bestiale ad avere in classifica gli stessi
punti di Verona e Vicenza, la cara vecchia provincia veneta. Se questa non è aurea mediocrità,
francamente non so cosa sia. Però, come dicevo, la pazzia consiste in ben altro, con una costanza
dell’altro mondo. Dopo aver sofferto 21 anni per vincere con la Ferrari, Gianni Agnelli rischia adesso
di invecchiare malissimo con la Juve: “In 60 anni – ha confessato – non ricordo un momento così”.
Ci credo, avvocato.

La Juve ha finito in nove due volte, record in Europa. Non può essere colpa dell’allenatore; qui c’entra
Freud, e alla grande: il morbo è psicologico. Si dice: il buon Del Piero incassa un miliardo netto al
mese; ergo, dovrebbe cantare con le suole come un canarino. Purtroppo per la Juve, Freud se ne frega
delle quotazioni e spoglia come vermi anche i cocchi di mamma miliardari. Accade così anche tra i
più bei manager dell’economia. Qualche anno fa uno di loro scrisse un libro per dimostrare che, nel
far fruttare le cosiddette risorse umane, la remunerazione psicologica vale quanto quella monetaria,
se non di più.

Vale anche per Edwin Van der Sar, che arriva alla Juve da Amsterdam, dove i fiorini sono anche più
grassi dei nostri “schei”. L’altra sera ha preso un gol agghiacciante, vi spiego perché. Il portiere è il
solo giocatore al quale non si chiede mai di giocare senza palla. Il portiere deve funzionare come un
riflesso condizionato, va dove ti porta il pallone, cercalo, trovalo e fa quel che ti pare ma fermalo.
Tutto qua.

Contro la Lazio, Van der Sar ha fatto il contrario. Non solo non ha cercato il comodo tirone di Salas,
ma l’ha schivato! Olè, una sinuosa finta, ed è subito gol. L’olandese ha giocato senza palla: non
credevo ai miei occhi, e qui si esce dalla razionalità.

Se Zidane fa a capocciate, se Davids cerca grane, se Kovacevic brontola orribili vaff all’arbitro, vuol
dire che il nervo della squadra è scoperto come il filo nel cortocircuito. Se un buon portiere porge
l’altra guancia al pallone, significa che comincia ad aver paura della propria ombra. Se Del Piero deve
esibire la carta d’identità per farsi riconoscere in campo, beh, allora, l’affare s’ingrossa anche
tecnicamente.

Diceva l’incommensurabile Ayrton Senna: “Io sono una persona normale e a volte temo di non poter
essere quello che il pubblico immagina che io sia”. Anche se tutto è diverso, forse a Del Piero sta
capitando una cosa del genere, con un’aggravante. Del Piero era un ragazzo e un giocatore normale,
voglio dire fuori norma rispetto alla media, cioè un campione extra. Adesso gli capita il contrario: è
un giocatore normale e un ragazzo anormale, nel senso che lo si vede caricato di uno stress fuori
norma.

Ho letto una pagella per la partita dell’altro ieri: 6; giudizio: “discreto”. E’ qua il dramma di Del
Piero, l’essere “discreto”, quando gli va bene. Discreto lui, discreta la Juve, il cui destino non può
mai essere discreto. Se sei Nureyev o Pavarotti, lo devi restare a vita; finchè sei Del Piero, non puoi
sembrare uno dei tanti. Una volta lo distinguevo in tv da un fremito in dribbling, adesso devo leggere
il numero nella schiena. Robe da pazzi.

A differenza dell ‘Inter, la Juve è sempre “squadra”, anche quando vanno in crisi i suoi piloni. E’
questa sovrastruttura che, di solito, le dà il tempo di rinsaldare i piloni e di rinfrancare l’erre moscia
di casa Agnelli.

L’Inter no; questa Inter sembra essere stata preparata per un concerto non per una tournèe. S’inventa
una serata ma tre giorni dopo non è affatto detto.

La Juve va in crisi perché abituata soltanto a vincere; l’Inter si deprime perché da troppo tempo ha
perso l’abitudine di vincere. Le tiene insieme uno strano incubo: l’Inter puntava tutto su Ronaldo, e
l’ha perso con il crack del ginocchio; la Juve ha il suo leader in Del Piero, e Del Piero non è più lui
da quando franò rovinosamente sulla sua gamba.

A leggere la formazione del Lecce – Balleri, Giorgetti, Conticchio, Piangerelli, Tonetto – pare di
riascoltare le gag di Ugo Tognazzi. Ha vinto a San Siro il Lecce, ma San Siro non si è divertita. Eh,
se la Juve e l’Inter non divertono più, che calcio è? Boh.