2001 Gennaio-Luglio La carezza di Alex sfida le miserie del pallone
2001 Gennaio – Luglio – La carezza di Alex sfida le miserie del pallone
Ho letto che Alessandro Del Piero, trevigiano di bella collina allevato come calciatore a Padova, ha
perso qualche giorno fa il papà e che, per l’improvviso aggravarsi della malattia, non è riuscito ad
arrivare in tempo per salutarlo l’ultima volta. Mi piace molto pensare che almeno ieri ce l’abbiamo
fatta a raggiungerlo, con quel suo gol a Bari, che a me è sembrata una carezza. Una carezza speciale,
forse, Gol così se ne vedono qua e là, non è una rarità assoluta. Gente come Leonardo, Recoba, Sala,
Totti, gli stessi Inzaghi o Crespo, li fanno. Di Del Piero mi ha colpito la levità, e lo stile: una finta sul
corpo da rendere invisibile il difensore, l’affondo e il tocco obliquo che sorvola il portiere in uscita.
Con quella delicatezza, soffiano il vetro di Murano.
Da tempo Del Piero galleggia nell’aurea mediocrità della controfigura. Non era più lui; infatti era un
Del Piero da panchina, sito a lui sconosciuto quand’era Del Piero. Era un po’ come se la Juve
attendesse il “ritorno” di Del Piero quando l’Inter sogna quello di Ronaldo. Anche Del Piero, in fondo,
sembrava assente, giocava senza segni particolari, di colpo anonimo.
Difficile dirlo su quattro e quattr’otto, però il gol di ieri è doc: non lo fai se non sei quel che eri.
Secondo me qualcosa vuol dire; magari Del Piero sta covando la sua personalissima primavera. E’
possibile che certi strani, misteriosi lacci tendano finalmente a sciogliersi.
Vedremo; intanto gaudeamus per qualcosa di onesto, il gesto, scarnificato fino all’osso da tutto il
grasso che opprime il calcio.
Personalmente, non sono mai salito sul pulpito a tuonare contro il carovita del pallone: se accetti
infatti la legge della domanda e offerta, non puoi subito dopo pretendere che lo sport di massa, del
tutto dominante come il calcio, si faccia francescano. Però, ci sono limiti superati i quali avverti
l’orticaria.
Quel fantolino di Totti si appresta a siglare un contratto per cinque anni che gli procurerà 62 miliardi,
undici miliardi netti all’anno. Beh, da una settimana sta rognando con la Roma su 130 milioni
(diconsi 130) per pagare non so chi, non ho ben capito il massaggiatore personale, se un allenatore
personale o una dama di compagnia.
Oltre che schizofrenico e asociale, questo calcio sta diventando miserabile. Facessero affari e contratti
senza alzare la voce, passi: almeno, osserverebbero un po’ di bon-ton. Invece no; invece si spogliano
in piazza e discutono di ordinaria follia come se fosse in ballo lo statuto dei lavoratori o il contratto
dei metalmeccanici.
Secondo me, il più bel presidente della Federcalcio sarebbe in questa fase Aldo Biscardi! E’ il solo al
di sopra del bene e del male, che tratta il baraccone come merita, da ultima osteria, e che dunque
coerentemente lo rappresenta. Fate presidente Biscardi: almeno è simpatico.
Con gli allenatori sta andando in scena lo stesso fescennino. Se la Roma paga 7.500 milioni all’anno
per Capello, diventa chiaro come il sole che Ancelotti non può continuare ad allenare la Juve per la
miseria di 1.800 milioni a stagione: adesso ne vuole 4.000, ed ha perfettamente ragione.
Con lo “stile Juve” oggi non paghi nemmeno la mancia, altri tempi. Adesso, o stai sul mercato o sei
competitivo – si dice così – oppure anche il fascino degli Agnelli diventa vecchia, polverosa
aneddotica del “Come eravamo”.
Almeno si giocasse bene, alla grande, divertendo il pubblico. Persino Veron, l’italiano del bisnonno,
si è stufato; dice che ha voglia di andare in Spagna, perché qui il campionato produce stress sotto
vuoto spinto, senza spettacolo. Sono felice che qualche campione cominci ad accorgersi che metà del
baraccone nostrano è finito.
Accade la stessa cosa con gli arbitri, palesemente romanizzati. Tutti a dire che sono i migliori del
mondo e bla bla bla, per aggiungere immediatamente dopo che “il vento è cambiato”.
La quale espressione, tradotta per i non ipocriti, sta a dire che gli arbitri hanno abbandonato il Nord
per stabilirsi nella capitale, fossero davvero i migliori al mondo, chi mai oserebbe considerarli una
potente e maliziosa lobby?
Ho aperto con Del Piero, chiudo con Paolo Maldini, classe 1968, un’eternità fa. Sarà una mia
impressione, ma lui come Blanc, classe 1965, altro immenso campione, mostra tutto il tempo che si
porta addosso. Sul gioco tagliente, che ti abbandona tutto solo, uomo contro uomo, li trovo eroi
entrambi stanchi, molto bisognosi di protezione.
I grandi tramonti sono belli quanto l’alba, ma più umani.