2001 Gennaio-Luglio Le Mans applaude i nostri prodi del tricolore
2001 Gennaio -Luglio – Le Mans applaude i nostri prodi del tricolore
Arrivo subito con il calcio, ma prima voglio mettermi sull’attenti davanti a un ragazzino alto una
spanna, con i capelli ossigenati e una faccia da circuito: Marco Melandri, di Ravenna. Sulla sua
Aprilia 250 correrebbe il mondiale anche con una gamba sola, come il bersagliere Enrico Toti in
bicicletta, su e giù per le trincee della prima guerra mondiale.
Se mi perdonate l’iperbole, torno subito con i piedi per terra e provo a spiegare. A Le Mans, in
Francia, il Melandrino si è presentato al via nelle seguenti condizioni fisiche: con una lussazione alla
spalla sinistra, con una frattura al piede sinistro, con uno speciale stivale a protezione della caviglia
gonfia, con il braccio indolenzito fino al polso. Tutto questo frutto di un “big crash”, come dicono
loro, con volo fuoripista alla vigilia. Riaggiustato in qualche modo all’ospedale, nessuno pensava che
il pilota sarebbe risalito in moto il giorno dopo, in una gara mondiale, da 150 di media a giro. I più
temerari sostenevano che avrebbe resistito al massimo una decina di giri: in quelle condizioni era
un’impresa da matti.
Infatti, quelli della moto lo sono, più di quelli della Formula One. Non soltanto ha corso fino alla fine,
Melandri, ma ce l’ha fatta a salire sul podio: terzo. Un terzo che vale un primo posto, a detta tanto dei
tecnici quanto dei sanitari, i quali ultimi lo avevano curato come” un figlio” (dichiarazione
deamicisiana dello stesso Melandri).
Ho visto tutta la sua gara e, francamente, nemmeno io so come abbia fatto a tener duro. A un certo
punto, gli veniva da vomitare, forse per lo schiacciamento dei fasci muscolari dell’omero che aveva
costretto i medici a fasciarlo come una mummia. Giunto stremato ai box, non aveva fiato neanche per
dire ciao, e si portava con pena il braccio stretto al corpo.
Che tipi, questi nostri piloti, da Melandri a Rossi, da Poggiali a Biagi, da Capirossi a Locatelli. Pur
altrettanto bravi e simpatici, i giapponesi sembrano prodotti in serie come i motori mentre gli italiani
sono anche personaggi, per lo più anarchici nello stile. Studiano a fondo le gare, si preparano, si
allenano, collaudano, rispettano la disciplina, però mai sopprimendo la personalità, un copyright di
avventura, goliardia e brivido. E’ un gusto seguirli.
Punto e a capo, se la sono cavata, bisogna ammetterlo, anche i nostri prodi dello scudetto 2001. Un
dato molto elementare come il numero dei gol vale più di un commento: Roma, Lazio e Juve ieri ne
hanno fatto undici da sole. A fine stagione, non sono cifre da buttare, credetemi. Massimo D’Alema,
che tifa Roma e che aveva un gran bisogno di dimenticare il centrosinistra, era a Bari nella sua Puglia,
a godersi quattro gol, 70 punti in classifica e uno scudetto ormai distante soltanto tre partite, 270
minuti in tutto. All’uscita dello stadio, ha però sospirato: “Ma questo campionato non finisce mai”.
Ha ragione. L’anno scorso, con 72 punti finali, la Lazio vinse lo scudetto all’ultima giornata e
all’ultimissimo minuto; quest’anno, siamo lì, con un probabilissimo record nel punteggio: è
praticamente sicuro che la Roma farà meglio della Lazio, a riprova che il trio di testa sta tenendo un
ritmo proibitivo per tutte le altre.
Si son viste anche giocate molto belle. Neanche Tiziano sarebbe riuscito a pennellare la traiettoria di
Beppe Signori contro la Juve; mai vista una mollezza tanto assassina, un cocktail di esterno, di taglio
e di mezzo colpo sotto.
Miele per i buongustai, basti pensare a Zidane, che secondo me vale un Rivaldo e mezzo, oltre che
due Figo. Zidane ama la Spagna, come Nesta del resto, mentre un altro asso, Nedved, considera il
Manchester il massimo traguardo per un professionista europeo. Capisco i campioni, che seguendo il
profumo dei contratti, delle ambizioni e delle esperienze anche umane; non capirei invece se Juve e
Lazio si lasciassero andar via campioni come questi.
Che senso ha quotarsi in Borsa e poi depauperare il capitale di classe? Quando hai addosso la libido
da scudetto, uno come Zidane lo tieni a Torino a costo di legarlo al monumento di Cavour. Se vi
ricapita, tanto per fare un altro esempio, riguardatevi la danza del gol di Candela a Bari: vorrei proprio
sapere dove è reperibile un suo sosia come difensore omnibus. A me piace più di Cafu.
Lancio un avviso ai naviganti: Roma, attenta a Schevcenko, domenica.