2001 Gennaio-Luglio Lo scandalo passaporti e il processo al pallone
2001 Gennaio – Luglio – Lo scandalo passaporti e il processo al pallone
Per la prima volta nella storia del calcio, contano più i lunedì che le domeniche. Oggi a Milano si
apre il processo dei passaporti: lunedì prossimo si posticipa la partita Fiorentina-Roma per motivi di
ordine pubblico. Due lunedì altamente simbolici, nel senso che cala a vista d’occhio l’autonomia
dello sport più popolare. La storiaccia dei passaporti l’hanno scoperta i magistrati, a cominciare
dalla procura di Udine; la precauzione del rinvio di Firenze l’ha presa il prefetto della città. Da solo
il calcio non ce la fa più ad autogestirsi.
Per come si è messa la cosa, il processo di oggi pare una seduta spiritica. Gli imputati sono assenti,
lontani, praticamente invisibili: ne hanno combinate di tutti i colori, ma non ne sanno niente, non si
sono mai accorti di nulla. Tutti vittime, tutti “verginelle” come li ha chiamati l’avvocato Campana.
Codici alla mano, una volta ci si chiedeva: “cui prodest?”, a chi serve un certo reato? Nel nostro
caso la risposta sarebbe persino banale: alle società che, secondo le leggi vigenti all’epoca dei fatti,
potevano aggirare il numero consentito di giocatori extracomunitari.
I presidenti avevano più mercato; i tecnici più campioni a disposizione, ma le squadre in campo
erano palesemente irregolari. Anni fa, per molto meno, il Padova fu condannato 2-0 a tavolino e finì
retrocesso.
I giocatori implicati sono perfino patetici. Un procuratore, un faccendiere o un pirla qualunque dice:
da oggi sei italiano, ciapà stò passaporto e vai tranquillo che sei dei nostri. Non uno che risponda:
che, ma sei scemo? Come faccio a essere padano quanto Borghezio se sono nato in riva
all’Atlantico, a diecimila chilometri dall’Italia? Non uno che si sia stupito di scoprire, qua e là, nei
più sperduti angoli del Bel Paese, nonni, bisnonni e consuoceri di sicura etnia nostrana.
Questo non è uno scandalo ma una comica. E non mi si venga a raccontare la barzelletta dei soldi
che assolverebbero, o quasi, questi poveri miliardari, come se l’imbecillità fosse una questione di
prezzo e l’ingaggio mitigasse le truffe.
Dovrebbe semmai funzionare il ragionamento opposto. Visto che sono così fortunati, i giocatori
dovrebbero dimostrarsi più seri, meno cialtroni di chi li circuisce. Il denaro è anche responsabilità, o
no?
Oltretutto, per quanto sia verissimo che mai nel calcio sono circolate tante lire come oggi, è anche
vero che i campioni hanno sempre goduto di un buon trattamento. Humberto Rosa, gran giocatore,
mi ha raccontato che Renato Cesarini, bravo e argentino come lui, guadagnava 16 mila lire proprio
quando la canzone più in voga era: “Se potessi avere mille lire al mese…”, negli anni ’30.
Alla fine degli anni sessanta, anche in provincia non si scherzava visto che il Vicenza pagò più di
due miliardi per la metà di Paolo Rossi (che li valeva, ma erano troppi per il Vicenza). Nel 1983,
l’Udinese investì tre miliardi e mezzo sul trentenne Zico (che li valeva tutti) con un ingaggio netto
di 390 milioni, e…25 mila abbonati allo stadio. Fatte le debite proporzioni, non erano bruscolini
nemmeno quelli.
Non so che cosa salterà fuori da questo processo, in attesa di quello a Lazio e Roma! Pare di capire
che circola una gran voglia di assoluzione, eliminando la distinzione tra giocatori comunitari ed
extracomunitari – come sarebbe più giusto – ma facendola valere anche retroattiva, quando la
distinzione era tassativa. Ne vedremo delle belle, si fa per dire, anche perché la terra di nessuno tra
giustizia penale e giustizia sportiva è sempre più striminzita. Tacciono i gol, che proprio ieri hanno
ritrovato il grande Vieri, e da oggi entrano a gamba tesa i legali.
Quando il dottor Azzeccagarbugli riceve il buon Renzo, promesso sposo, lo guarda scuotendo
paternamente la testa e gli dice con aria furbetta: “All’avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a
noi tocca poi a imbrogliarle…D’ogni intrigo si può uscire”.
L’unica cosa sicura è che l’imbroglio dei passaporti sa proprio di intrigo, ma di bambinoni presi con
le dita nella marmellata, senza nemmeno la perversa grandezza della vendita delle partite, delle
scommesse clandestine e del doping da gladiatori. E’ soltanto questo intrigo che tiene aperto il
campionato. Sul campo, la Juve ha consegnato ieri il passaporto alla Roma: buon viaggio.